La questione confessionale nell’Egitto contemporaneo: il caso dei cristiani copti

12188115_10206778936025442_8458710999536050191_o[1]Giovedì 12 novembre 2015 dalle ore 16.30 alle ore 18.30 presso l'Aula Brunetta, via del Santo, 26 - Padova, all'interno del corso di Storia dei Paesi Islamici, la professoressa Leila El Houssi ospiterà il secondo di un ciclo di incontri sulla questione "Minoranze religiose nel Nord Africa e Medio Oriente". La conferenza sarà tenuta dalla Dott.ssa Alessia Melcangi Università di Catania, e avrà come titolo "La questione confessionale nell’Egitto contemporaneo:il caso dei cristiani copti".

Alessia Melcangi è assegnista di ricerca in Storia e Istituzioni dell’Africa presso il Centro per gli Studi sul Mondo Islamico Contemporaneo e l’Africa - CoSMICA Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università di Catania. Cultore delle materie Storia dell’Africa e Storia dei Paesi dell’Africa e del Medio Oriente presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania, fa parte del comitato scientifico della collana editoriale IJAZAH. Collana di Storia del mondo islamico e islamistica. Cura la Segreteria dell’Associazione per gli Studi Africani in Italia (ASAI), di cui è responsabile dell’informazione e della mailing list. Fa inoltre parte del Comitato di redazione della rivista Polo Sud. Rivista di Storia moderna e contemporanea.

I suoi principali ambiti di interesse sono la Storia contemporanea dell’Egitto, le minoranze religiose e i diritti umani in Egitto, la partecipazione politica, sociale e culturale della minoranza cristiano copta in Egitto, la cittadinanza e processi democratici in Africa e in Medio Oriente.

Principali pubblicazioni

Melcangi A., La questione confessionale nell’Egitto post-rivoluzionario, in A. Cantaro (a cura di), Dove vanno le primavere arabe?, Ediesse, Roma 2013, pp. 83-90.

Melcangi A., La collettività italiana nell’Egitto di Gamal ‘Abd al­Nasser. Alcune note a proposito dei documenti diplomatici italiani sulla visita di Fanfani al Cairo, in “Polo Sud. Semestrale di studi storici”, III, 2013, pp. 55-79. Peer-reviewed publication.

Melcangi A., The political participation of Copts in Egypt: from the Nasser years to the sectarian strife of the nineties, in Fois M., Pes A. (eds.), “Politics and Minorities in Africa”, Aracne, Roma 2013, pp. 221-243. Peer-reviewed publication.

Melcangi A., Religious issues in Egypt: From revolution to Nasser and back, in Panebianco S., Rossi R. (eds.), Winds of Democratic Change in the Mediterranean? Processes, Actors and Possible Outcomes, Rubettino, Soveria Mannelli 2012, pp. 347-363.

Melcangi A., Cricco M., Gamal ‘Abd al-Nasser e Muammar al­Gheddafi: due figure a confronto nello scenario mediorientale della fine degli anni Sessanta, in Tonini A., Simoni M. (a cura di), Realtà e memoria di una disfatta. Il Medio Oriente dopo la guerra dei Sei Giorni, Firenze University Press, Firenze 2010, pp. 35-56.

Melcangi A., La risata che cambiò il mondo. Gamal ‘Abd al­Nasser tra mito pubblico e identità privata, in Melfa D., Melcangi A., Cresti F. (a cura di), Spazio privato, spazio pubblico e società civile in Medio Oriente e in Africa del Nord, Giuffré, Milano 2008, pp. 153-180.

Melfa D., Melcangi A., Cresti F. (a cura di), Spazio privato, spazio pubblico e società civile in Medio Oriente e in Africa del Nord, Giuffré, Milano 2008.

Melcangi A., Gamal ‘Abd al-Nasser tra mito pubblico e identità privata, in “Africa”, LXII, 2007, pp. 329-359. Peer-reviewed publication.

Melcangi A., Church, intellectuals and youth movements: the new reflection on secularism and tradition within the Coptic community in Egypt, in L. El Houssi, A. Melcangi, S. Torelli (eds.), North African Societies after the Arab Spring: Between Democracy and Islamic Awakening, Cambridge Scholars Publishing, Cambridge 2015, sub prelo.

Melcangi A., Identità contestata, identità condivisa: i copti tra nazionalismo e rivendicazioni comunitarie nell’Egitto contemporaneo, in Cresti F. (a cura di), La sfida del pluralismo, Aracne, Roma 2015, sub prelo.


Avviso importante: cambiamento di sede per l’incontro sul Sinodo

image[1]Un avviso importante: è cambiata la sede dell’incontro “Il Sinodo visto da vicino - La bellezza della famiglia e le sfide del tempo presente” di martedì 10 novembre 2015 alle 21.00, che originariamente si doveva tenere nella Sala dello Studio teologico del Santo. Si terrà invece poco lontano, nella Sala del Redentore, di corso Vittorio Emanuele II 174, vicino alla parrocchia di Santa Croce.


A day in the jungle. Baruffi e l’impossibile surrealismo

baruffi (5)Si parlerà mai di un terzo surrealismo, dopo quello di Breton e poi di Bataille? Pensiamo proprio di no, anche se speriamo solo di sbagliarci.

Per varie ragioni, non ultimo il fatto che, contrariamente a quello che si predicava sulle barricate del Sessantotto, il potere non ha nessuna intenzione di concedersi all’immaginazione. Tutto lo spazio possibile invece all’imitazione di essa (è il kitsch). Per questo un terzo surrealismo è per lo meno arduo da immaginare, quasi come la terza età di Gioachino da Fiore. Dipende soprattutto da come verrà trattato quel che si chiama il “sintomo”, un tempo il forziere del nevrotico, che artisti e scrittori saccheggiavano con passione.

La Sainte vierge di Picabia è sintomo. L’Elephant fording a river di Bacon è sintomo. La fattoria degli animali di Orwell è sintomo, anche se un po’ compromesso con l’allegoria.

baruffi (4)Gli animali di Baruffi non conoscono possibili alterità, tanto sembrano preannunciare e testimoniare l’avvento di questa inimmaginabile terza età di cui si parlava.

Terza età come ultima metamorfosi (animalesca) dell’honnête homme?

Baruffi in verità si fa da parte, sceglie il ruolo di Cicerone del dramma in cui guida. Nella sua straniata città le mucche ruminano assimilatissime all’ambiente, i pavoni si offrono come dive cinematografiche, cavalli sui tetti-giardini dei grattacieli assaggiano erbe come fossero drink.

L’operazione allora è quella di farci accettare con assoluta normalità tale incubo, che nulla ha da spartire con le associazioni dell’inconscio e sembra invece propagandare un che di avvenuto: l’identità di uomo e animale.

baruffi (2)Dal suo osservatorio newyorkese Baruffi ci offre le istantanee di una poetica che, senza azzardare alcun ribellismo o demistificazione, è de facto e de jure, tutta politica. Non fosse per il fatto che l’artista si concede il lusso di osservare - come il tirocinante fa nelle sale dove si amministra la giustizia - quel che la polis delle polis offre all’immaginario. Immagini oniriche o prese casualmente da un cellulare?

baruffi (3)Le tartarughe, meglio delle oche celebrate da favole e fumetti, attraversano i passaggi pedonali con quacquera e orgogliosa compunzione: e non uno strombettio osa far loro fretta. Insomma: l’ideale di cui si è detto si è fatto storia.

Una società serena, senza conflitti è davanti a noi e noi la osserviamo senza scandalo, quasi ogni ribellione fosse impossibile. Questa è l’angoscia che tale pittura trasmette. L’animale come derridiano ideale, l’istinto (!) di sottomissione reso virtù civica.

baruffi (1)Baruffi ce lo dice come meglio non si può, con questi teleri che usano lo straniamento come variazione di un’assurda posa fotografica. Un mondo che pochi decenni fa sarebbe stato solo fumetto, ora è realtà. Lo cogliamo senza sforzo, si diceva: non ci resta che aggiungere a tale lettura il pensiero che un piccolo resto psichico questo zoo poco fantastico ancora riesca a proporre. Un resto di totemismo, che induce alla speranza per un dramma individuale e collettivo che osi nominarsi. Quel dramma che Bacon si era concesso di sorprendere nelle metamorfosi dei suoi personaggi, chiusi come cavie in un calvario di deformazione.

Francis Bacon - Elephant Fording a River (1952)
Francis Bacon - Elephant Fording a River (1952)

Già: una vicenda ancora simbolica, quella di Bacon. Il suo celebre Elefante, come si è detto, è figura sovradeterminata quanto al significato: Bacon lo scopre, senza pregiudizi scientifici, in quelle stesse pianure che furono percorse da antropologi senza troppa inventiva. Bacon onorava poeticamente qualcosa in cui è possibile riconoscere il simbolismo paterno.

In tanta serenità, come quella generata di Baruffi, è ancora possibile il Parricidio? O tutto si è consumato senza resto? È questa l'alba di un nuovo surrealismo, la pacificatapaix[1] favola di un fissato inconscio, come Picasso nella Paix aveva colto?

 

 

 

Andrea Baruffi, A day in the jungle.
Galleria Forni, Bologna
24 ottobre-1 dicembre 2015

(Mario Cancelli)


Addio a Carlo Porciani, promotore e innovatore dell’illustrazione italiana

Porciani Giovanni ScarpaGiovanni Scarpa, studente della facoltà di Lettere dell’Università di Padova, cultore della storia dell’illustrazione contemporanea e autore di “Giorgio Foresto - Le opere segrete di Giorgio De Gaspari”, ci propone un ricordo di Carlo Porciani, pioniere dell’illustrazione italiana, cofondatore del mitico “Studio Dami”, che ci ha lasciato in questi giorni. Nella foto a fianco: Porciani con Giovanni Scarpa nella casa toscana dell’artista.

 

Porciani giovaneSi è spento pochi giorni fa (il 4 novembre 2015), Carlo Porciani, dopo una lunga e taciuta malattia.

Grande promotore e innovatore dell’illustrazione italiana è ormai dai più ingiustamente dimenticato.

Dopo aver lavorato nel 1956 al personaggio Davy Crockett, nell’industriosa Milano del 1958, assieme ai fratelli Rinaldo e Pietro Dami, collaborò alla fondazione delle rivoluzionarie Produzioni Editoriali Dami, che esportando in Europa i migliori autori del fumetto italiano, fecero di lui uno stimato editore (oltre che fumettista) e uno dei più importanti promotori dell’illustrazione moderna.

Porciani Studio DamiNegli anni in cui la televisione mostrava i suoi programmi in bianco e nero, questa grande-piccola officina, che i più chiamavano semplicemente “Studio Dami”, spandeva nelle librerie i più raffinati e innovativi libri illustrati (dinosauri, enciclopedie, fumetti…) che per la prima volta guardavano con vorace curiosità al panorama americano e londinese (western, fumetti di guerra, collaborazioni con la Fleetway Publications...) Attorno a questo nuovo focolare artistico che Giorgio Trevisan ricorda come “un posto un po’ dimesso, ma che a me sembrava il Paradiso”, si riunirono grandi Porciani Rodeocome Giorgio De Gaspari, Hugo Pratt, Mario Uggeri, Dino Battaglia, si formarono maestri come Aldo Di Gennaro.

Nelle stanze in Corso Italia, a metà tra un grande studio collettivo (i tavoli di lavoro stavano uno accanto all’altro in una grande stanza comune) e una biblioteca (molti illustratori si recavano nello “Studio” alla ricerca di informazioni utili per disegnare indiani, aeroplani d’epoca…), se ne videro davvero di tutti i colori. Tra scherzi e lavoro, qualcuno dava da mangiare al Cacatua bianco che svolazzava tra i tavoli, qualcun altro cercava di badare alla scimmietta, vera, che il De Gaspari aveva regalato ad uno dei soci.

Porciani Kolosso2Molte ancora le storie che qualcuno si prenderà la briga di raccogliere dalla viva voce di Di Gennaro, Festino, Orlandi; storie ancora nascoste nelle nebbie del ricordo, ma che, con una piccola spolverata, sapranno mostrare il loro splendore, il loro brio artistico. Un primo contributo è certo il prezioso articolo del Frisenda “Lo Studio Dami di Rinaldo ‘Roy’ Dami - Una fucina di autori” (link )

Porciani EgiziCarlo, giovane barbuto e intraprendente, minuto ma prestante, finì per posare per il pittore Cracupino che doveva illustrare nella rivista “Epoca” alcune scene storiche. Posò come nobile egiziano e da allora, per tutti gli anni ‘60 e ‘70, i diversi illustratori non poterono far altro che disegnare egiziani dal profilo alla Porciani.

Nel ’64, assieme a Mario Faustinelli e altri grandi fumettisti, diede vita all’inarrestabile Kolosso, “nipote di Ercole e di Maciste”, personaggio che guardava certo con lungimiranza alla wellness contemporanea e anticipava interpreti a lui più vicini come il bonario e brutale Bud Spencer o il palestratissimo Arnold Schwarzenegger.

Porciani Kolosso3La storia di Carlo si perde poi tra collaborazioni editoriali, piccole produzioni e una grande passione per il collezionismo. Fu fervente e importante estimatore delle opere del De Gaspari nonché uno dei suoi più cari amici. Finì per condurre una vita solitaria, immerso nello studio, felicemente sommerso dai libri nella sua casa in Toscana.

In attesa di altre più copiose e meritate rimembranze, auguriamo a Carlo un buon felice ritrovo con gli altri grandi “gentiluomini di fortuna”.

(Giovanni Scarpa)


Sabato 7 novembre a Padova si inaugura la personale di Cleofe Ferrari

Cleofe Ferrari Punta della Dogana con SalutePer iniziativa dell’atelier d’arte contemporanea Maison d’Art di Carla d’Aquino, a Padova torna una rassegna di opere pittoriche dell’artista Cleofe Ferrari. L’artista presenta il frutto del lavoro di questi anni, che ha maturato in un progressivo percorso svolto nell’alveo della associazione Di.Segno, di cui Cleofe Ferrari è presidente, sotto la guida del maestro Alfredo Truttero, scomparso prematuramente quest’anno.

Nel corso degli anni l’Associazione di.Segno ha sviluppato una attività laboratoriale, una sorta di work in progress, dal titolo: Disegno: esperienza e metodo, sotto la guida di Truttero. Questo ambito è stato per Cleofe il luogo costante della verifica del proprio lavoro, di cui oggi presenta il frutto.

Siamo lieti di invitarvi alla mostra

L’INCANTO DEL REALE NEI DIPINTI
DELL’ARTISTA CLEOFE FERRARI

sabato 7 novembre 2015 alle ore 17.30
Circolo Unificato dell’Esercito di Padova
Palazzo Zacco, prato della Valle, 82

INAUGURAZIONE

Presentazione e critica di Carla d’Aquino

Intervento del coordinatore nazionale della Maison d’Art di Padova Andrea Petralia

La mostra rimarrà aperta fino al 17 novembre.

Alba Santa Giustina FerrariCleofe Ferrari nasce a Carpi (Mo). Dopo aver svolto gli studi su stilismo di moda a Reggio Emilia, svolge fino al 2008 attività di libera professione che si amplia dal 1990 all’intervento nella progettazione di interni. Nel 1982 consegue la laurea in Psicologia all’Università di Padova. Nel 2008 consegue il diploma del Master in Architettura, arti e liturgia promosso dalla Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa. Dal 2002 aderisce all’Associazione di artisti “Il Baglio” e dallo stesso anno partecipa regolarmente alle attività di disegno promosse dall’Associazione “Di.Segno” di Padova, di cui dal 2006 è presidente. Nel 2005 partecipa alla Mostra “La casa del Dio vicino” allestita nel corso dei lavori del Sinodo dei Vescovi a Roma. Nel 2007 partecipa alla Mostra di arte sacra “Sinfonia dello spazio liturgico” a Padova. Dipinge nella tecnica dell’acquerello, gessetto, encausto.

«Per Cleofe Ferrari», scrive Emanuela Centis, architetto e docente di Storia dell’Arte, «le immagini che nascono dall’impressione dell’incontro con la realtà si fanno segno espressivo carico di quella esperienza, ridonata e resa perennemente viva attraverso l’opera». L’artista emiliana segue in questo percorso il suggerimento del pittore americano William Congdon: “L’artista coglie - e allo stesso tempo viene colto da – l’immagine di sé nelle cose e delle cose in sé; immagine perciò della comunione fra sé e le cose, in cui, in qualche modo, l’artista è le cose e le cose sono lui. L’artista trasforma l’apparenza materialistica delle cose, le trasfigura in immagine, o segno, di vita nuova. Il gesto dell’artista è un lasciarsi trascinare in un seguire, un obbedire”.

«Per me dipingere è amare e abbracciare la realtà che mi circonda e mi accade», scrive la stessa Ferrari, «fissarne una traccia che diventi eterna, perché ogni volta che la guardi riaccada un incontro: una emozione, una esperienza. La realtà data è il dono più grande, e quell’attimo di luce è altrettanto dono. Il gesto veloce del momento creativo è dettato da una emozione, ma non si esaurisce in una sensazione percettiva; esso viene posto a servizio della realtà: io incontro la realtà e la realtà incontra me: quando la realtà incontra anche te che guardi, allora l’opera è riuscita».

Cleofe Ferrari Bacino di San Marco alba«Anni fa, camminando per Venezia», prosegue Cleofe Ferrari, «e disegnando en plein air la facciata della basilica di Santa Maria della Salute e di San Marco, e poi ad Assisi le basiliche di Santa Maria degli Angeli e San Francesco, ho intrapreso questa avventura che mi ha portato qui oggi. L’occasione di ogni mostra è un momento importante: per mettermi umilmente a confronto con il pubblico e ridonare a tutti nell’incontro ciò che è accaduto a me».

«Ritornando quest’anno a Venezia», conclude Emanuela Centis, «Cleofe ha scelto di ampliare lo spazio della sua espressione rispetto al consueto ritaglio di inquadratura, mostrandoci la visione che il suo occhio ha abbracciato in quel momento ed in quella situazione. Nelle tele veneziane, due vedute del bacino di Bacino di San Marco, il tema è l’insieme della acqua e dei suoi riflessi e le quinte architettoniche che fanno di Venezia la Regina del mare. Questa regalità di Venezia traspare splendida e maestosa nelle pennellate dell’artista, sempre gestuali (cifra del suo stile) nell’annotazione dei svariati particolari atmosferici, naturali, architettonici, ma organicamente compaginate nel rendere la vita che palpita qui in modo unico».


Lo stato per tutti, Dio per ciascuno: la minoranza cristiana in Siria

Siria1[1]Giovedì 5 novembre 2015 dalle ore 16.30 alle ore 18.00 nell’Aula Brunetta, via del Santo, 26 - Padova, all’interno del corso di Storia dei Paesi Islamici del corso di laurea triennale in Storia, la professoressa Leila El Houssi ospiterà il primo di un ciclo di incontri sulla questione “Minoranze religiose nel Nord Africa e Medio Oriente”. La conferenza sarà tenuta dalla dottoressa Benedetta Panchetti dell’Università di Venezia, e avrà come titolo “Lo stato per tutti, Dio per ciascuno: la minoranza cristiana in Siria”.

Benedetta Panchetti frequenta il dottorato di ricerca presso l’università Ca’ Foscari di Venezia e la Fondazione Generale Studium Marcianum. Il tema di ricerca è l’istituto del matrimonio negli statuti personali delle minoranze in Libano. In precedenza ha conseguito il Master in studi diplomatici alla Società italiana per l’organizzazione internazionale. Si è laureata in Scienze politiche all’Università di Firenze e successivamente ha conseguito anche la laurea Specialistica in Relazioni Internazionali, con tesi dal titolo “Una storia di accoglienza: le Chiese cristiane in Siria”. Votazione: 110/110 lode e menzione di tesi di ricerca. È stata Visiting student all’Università Saint Joseph di Beirut e l’Università Saint Esprit de Kaslik di Jounieh (Libano). In precedenza aveva svolto attività di ricerca nella Repubblica araba di Siria. Ha pubblicato Lo stato per tutti, Dio per ciascuno: la minoranza cristiana nella Siria contemporanea, in Quaderni del forum per i problemi della pace e della guerra, numero 3/2011, pag.131-185, Firenze University Press, Firenze.


Due visite guidate alle mostre “Giotto, l’Italia” e “William Congdon, Pianure”

amate-sponde-giotto-litalia-1748x984[1]L’associazione culturale Antonio Rosmini, in collaborazione con l’associazione culturale di-Segno (www.di-segno.it), propone nelle prossime settimane due visite guidate a Milano:

  • domenica 20 dicembre 2015, visita alla mostra Giotto, l’Italia (mostragiottoitalia.it) a Palazzo Reale.
  • domenica 24 gennaio 2016, visita alla mostra William Congdon, Pianura (casatestori.it), allestita a Casa Testori, Novate Milanese, con la presenza del curatore Davide Dall’Ombra.

Per informazioni info@rosminipadova.it.

Giotto, l’Italia è il grande evento espositivo che concluderà il semestre di Expo 2015, a Palazzo Reale di Milano.

La mostra, posta sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dal Comune di Milano – Cultura, con il patrocinio della Regione Lombardia, è prodotta e organizzata da Palazzo Reale e dalla casa editrice Electa. Il progetto scientifico è di Pietro Petraroia (Éupolis Lombardia) e Serena Romano (Università di Losanna) che sono anche i curatori dell’esposizione.

Giotto, l’Italia resterà aperta al pubblico dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016. La mostra, con allestimento di Mario Bellini, ha un motivo particolare per essere realizzata a Palazzo Reale: esso infatti ancora ingloba strutture del palazzo di Azzone Visconti, ove, negli ultimi anni della sua vita, Giotto venne a realizzare due cicli di dipinti murali, oggi perduti.

La grande mostra del autunno/inverno a Casa Testori è dedicata al pittore William Congdon (1912-1998): artista internazionale dell’Action Painting amato da Giovanni Testori che, dalla New York degli amici Jackson Pollock e Mark Rothko, dopo aver viaggiato in tutto il mondo, decide di radicarsi a sud di Milano e dedicare la sua ultima produzione al ritratto intimo di campi coltivati, risaie e frutti della terra lombarda.

La mostra, realizzata in collaborazione con The William Congdon Foundation, punta a indagare il ventennio lombardo del maestro americano. I circa 50 dipinti e i 20 pastelli selezionati descrivono, infatti, una parabola di conoscenza sempre più intima e profonda del sud-ovest milanese, che costituisce l’apice del suo percorso.

 


Sperando contro ogni speranza, il 3 dicembre incontro sui martiri di oggi

cristiani-1Martedì 3 dicembre, ore 21.00 (sala da definire) l’Associazione culturale Antonio Rosmini propone

SPERANDO CONTRO OGNI SPERANZA

Martiri cristiani del ventunesimo secolo

Incontro-testimonianza con GIORGIO PAOLUCCI

editorialista di Avvenire e scrittore

Paolucci presenterà alcuni docuvideo girati in Medio Oriente, particolarmente in Siria e nei territori curdi di Siria, Iraq e Turchia. Un’occasione per restare ‘incollati’ alle vicende dolorose dei nostri fratelli ed anche per rispondere agli appelli dei loro pastori che chiedono a gran voce di fare di tutto perché non scompaia la millenaria presenza cristiana da quei luoghi martoriati dalle scorribande sanguinose dei jahadisti dell’Isis.


Dino Quartana, la vicenda moderna chiede e pretende dell’“io”

Quartana1Non conosciamo personalmente Dino Quartana, altrimenti ci piacerebbe parlare con lui. Della scultura, della sua identità e della sua attualità. Un’arte da sempre in grado di sedurre, di liberare energie nel momento in cui le richiede, di offrire il dono di un contatto reale, tanto è in lei il coinvolgimento richiesto con e alla materia. E la materia, soprattutto nel Novecento, è il centro d’ogni croce e d’ogni diletto. Per artisti e critici e non solo. Sulla materia e con la materia si gioca tutto. Si è pensato un quadro senza colore, non si avrà una scultura reale senza materia.

Quartana3Quartana è da molti anni frate domenicano, scelta compiuta dopo aver conosciuto e frequentato il movimento fondato da don Luigi Giussani: il pensiero dell’ente e il pensiero del soggetto trovano quindi quasi un obbligo di dialogo.

E Quartana sulla materia ha certamente molto da dire. Non sappiamo se in forma polemica o in elaborata mediazione teorica con la modernità.

La materia è per lui appoggio, fondamento e testimonianza d’individuata personalità: con linguaggio moderno, potremmo dire, rappresentanza dell’io. Vorremmo osare un’equazione più radicale: materia, in arte, uguale “io”? San Tommaso e Burri sarebbero concordi.

Quartana4Da queste premesse giungiamo alle recenti sculture che Dino ci offre allo Spazio Lumera. Non sorgono da un gesto unico, alla Bernini per intenderci, non eleggono una soda roccia o tranche del mondo e del corpo. Sono il frutto semmai di un organizzarsi intrinseco di strutture, ora ben solide e ben puntellate nello spazio, ora disinvolte e in atto di aprirsi. Materiali che si legano e si avvitano quali poetici scheletri e testimonial di corporee memorie; amabili vicende di arti in congiunzione o disgiunzione. È l’aspetto che ci attira di più: vi leggiamo una non sforzata capacità di confessione.

Grazie a un lavoro, a un intarsio dei pieni e dei vuoti, Quartana addiviene a uno slancio di membra, a volte troncate a volte ricondotte ad ulteriori costruzioni aeree: come se un secondo piano, una ritornante necessità s’instaurasse, quale ideale obbligato di tale spirituale “machine”.

Quartana5Per quanto il lavoro di Quartana s’orienti a contenuti religiosi, a emblemi dell’invocazione e della grazia, è come se il moto di due correnti marine infranga una addosso all’altra. Nell’esito finale delle sue sculture - accompagnate in mostra da pregevoli opere su carta - Quartana è unitario e concluso. Mai però vien meno la percezione dei due pensieri tra loro in gara per il predominio.

È questo dualismo tra pulsione e ideale la vera scommessa dell’arte contemporanea e in particolare di quella religiosa. La vicenda moderna chiede e pretende dell’io. E Quartana, che nei suoi corpi scultorei vive la sua stessa libertà e un prezzo ancora inevaso per essi, è dentro alla questione.

Histoires saintes, titola Quartana la sua recente produzione. Rendiamo onore a Quartana per aver proposto con chiarezza questo ganglio irrisolto dell’estetica non solo cattolica: o appoggiare Moore a Chartres - e su Chartres impernia la propria opera anche Huysmans che di tale nodo è il termine insuperato - o schiacciare Moore su Chartres. Restando in questo caso Chartres un puro significante.

 

HISTOIRES SAINTES
Sculture e disegni di Dino Quartana
dal 10 ottobre all’1 novembre
Spazio Lumera, via Abbondio Sangiorgio, 6 Milano

Orari apertura
ma me gio ve 16-19
sabato 10.30-12.30 16-19

tel. 02 87280593 info@lumera.it www.lumera.it

 


Atto di visione, atto di nominazione. Congdon e Testori

bill1Il primo, bellissimo e forse insuperato testo che Giovanni Testori dedicò a William Congdon, scritto in occasione della vasta mostra del 1981 al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, dimostra una comprensione già piena dell’opera del nostro, a un punto tale che gli scritti che seguirono (sull’antologica di Como del 1983 e poi sulla mostra milanese di Palazzo Reale del 1992) raffinano quell’atto critico completo e fondativo, senza autorizzare o autorizzarsi a una discesa in campo più generale.

corriere“Lei ha visto”, scrisse William Congdon. A Testori, a nostro avviso, non sfuggì nulla: i passi successivi si dimostrano però più prudenti, colmi di ammirazione, di affetto, di desiderio di approfondire il rapporto iniziato, giudicato terminus post quem di un nuovo inizio critico. Del “bandolo oggettivo” della vicenda pittorica dell’artista americano, italiano, lombardo, viene addirittura riconosciuta la legiferante e drammatica logica: si tratta di un bandolo o di un nodo per nulla gordiano, nel senso che si possa sciogliere una volta per tutte, ma di verità persa e ritrovata e da ritrovarsi. Nessuna sintesi può sostituire questo gioiello di scopia estetica sigillata in metafore bill e giocritiche definitive: “muri” interiori che vengono finalmente aggrediti, traiettorie e scintille di luce nel baratro, petali serafici nella superficie del cratere. E, infine, le incisioni, la personalissima grafia di Congdon, che la materia incideva e s’incideva, grumo solenne e quotidiano, carico di dolore e speranza.

È evidente che tutto lo scritto ruoti attorno a un nome non pronunciato ma riconoscibilissimo, quello di Jackson Pollock. Su questo punto mancò quell’atto di imperium critico di cui Testori, in circostanze ben più gravide di contrasti, come si dice, senza peli sulla lingua, fu capace. Se non fu nominato il padre dell’Action painting, forse è perché né Testori né Congdon erano in grado di un vero, liberatorio, parricidio.

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Resurrezione (1975)

La prudenza e la saggezza impedirono a Testori di trasformare Congdon in chi ridava dinamica a una vicenda apparentemente chiusa in sé. E infatti egli si limita a rilevare e a consegnarci quella verità globale “che fa come da basso continuo, da ron ron continuo, a tutta la grande carriera”; per addivenire alla scoperta che la materia di Congdon, e per Testori (come un po’ per ognuno in quegli anni, tutto si giocava nella e solo nella materia), non era più quella di Pollock. Da qui l’orafo, il cesellatore, il Congdon un tempo rapinoso di luoghi e templi: e ora trionfante in un fazzoletto di terra, il Congdon “longobardico”: confine estremo su cui assestarsi e assestare una ricerca che era oramai prossima ad abbandonare quel simbolismo che, diciamolo, del muro di cui si è detto all’inizio, era oramai il più potente supporto. Materia, cioè canto.

***

Forse fu questo atto mancato di nominazione - osiamo supporre - a produrre inconsce resistenze, irritazioni. La scintilla fu non a caso l’articolo di Testori sulla grande antologica di Pollock al Centre Pompidou. Un’iniziale compiacenza di Congdon, poi la presa di distanze. Lo sconcerto alla Fondazione Congdon. Gli esiti di Pollock non erano all’altezza delle nuove regioni promesse e guadagnate all’arte? Ma erano proprio queste “nuove regioni” (riconosciute da Harold Rosenberg in l’“oggetto ansioso”) a legare ancora Congdon all’Action painting e,vorremmo aggiungere, l’Action painting a lui.

774-image-1600-1600-fitNegli anni universitari Pollock fu per noi un solo testo, la monografia a lui dedicata dal Robertson: un libro quasi scostante tanto si estende come formato, come uno di quei Numbers di cui fa la storia, dalla copertina bruno marron, ben poco seducente, con le immagini ancor ritagliate e incollate sulle pagine. Pollock per noi sarà sempre il Robertson (con il placet di Rosenberg). Esso inizia con una delle ultimissime opere di Pollock: “Blue Poles” e termina con “Blue Poles”. In mezzo tutta la produzione di Pollock e tutta la storia dell’arte, dal medioevo ai giorni nostri, comprese filosofia e sociologia. La tesi era che Pollock per primo aveva riunificato la superficie dopo l’era dell’oro bizantino.

Quando citai “Blue Poles” a Testori, egli ebbe - mi ricordo - come un trasalimento. Ma chi era in grado di dire di più? Oggi possiamo dire che quell’unificazione spaziale era il frutto di un’unificazione delle energie psichiche, di un lavoro di pensiero. Puntando sull’inconscio, Pollock lavorava per il recupero del proprio romanzo (familiare). Un lavoro di civiltà. Come intuì Rosenberg, l’astratto di Pollock era oramai grafia; così come grafia sono le incisioni di Congdon: rappresentanze dell’io. Il ron ron di cui si è detto è il ronzio del’io, come se una pulce nell’orecchio non permettesse vera pace, senza soddisfazione.

giallo con sole“Giallo con sole”, del 1989, è giallo su giallo, un monocromo spezzato solo da una tonalità più calda: la luce così gialla, quando il cielo di Buccinasco è così giallo oro, trasformata in un ronzio, implicato e implacabile. Non è il caso di ulteriori analisi. Però paradossalmente proprio l’ultimo Congdon denuncia quella caduta del paradigma mistico che Testori aveva percepito, senza poterla ultimamente nominare. Sarebbe stato necessario sottrarre la materia al concetto di natura.

Ritroviamo nelle opere di questi anni una libertà nuova anche dei grafismi (temuti da Congdon come forme del proprio narcisismo), se vogliamo, utilizzati con ben altro spessore. Comunque, non più un io negato nelle sue leggi o rimosso nei suoi atti, in nome di una totalità superiore.

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Le 3 ali della nebbia (post 1988)
È questa la strada che separa, prima Pollock, poi Congdon dalla soluzione spiritualista, quella di Rothko e di Barnett Newmann, che ambivano al recupero del mito come superamento dell’io. Dell’arte può dirsi quel che Flaubert afferma di Dio. Egli c’è, ma non si vede. Se nell’arte si vede troppo l’io, forse ciò avviene a causa di vizio formale; se prima o poi non dà segnali, allora la forma è divenuta quel che Testori chiamava “grande astrazione”. Il non rimuovere le istanze di cui si diceva fa di Congdon un pittore testoriano: e se tali istanze si trovano rappresentate in arcaici ma domestici mostri tellurici che emergono dal mare greco, in soli aranci sovrastanti fossi divenuti verticali, serotine, tenere eruzioni, di certo essi non gridano contro le ultime bellissime “Ali”, nelle quali il cielo si fa marcita potente, solco reiterato, e ritmato, verde di primavera. Congdon distrusse uno di questi “paesaggi pulsionali”, opera lodata da Testori durante la sua ultima visita alla Cascinazza: questo non contraddice quanto detto, che solo la liberazione dal rimosso significa la riconquista del gesto. È questo crediamo il modo nuovo di rinominare quel che si è detto “il bandolo”.

Parafrasando Eliot, se la critica muore con un lamento, rinasce grazie a un dispetto.

 

Mario Cancelli (3. fine)

William Congdon, Pianura
Casa Testori – L.go Angelo Testori 13, Novate Milanese
Fino al 14 febbraio 2016
Dal martedì al venerdì 10-18, il sabato e la domenica 14-20. Chiuso il lunedì
Biglietto d’ingresso: € 5

Informazioni: info@casatestori.it | www.casatestori.it
tel. + 39 02.36589697