Sulla misteriosa firma di Queequeg

illustrazione queequegChe la figura tatuata di Queequeg nel Moby Dick di Melville, incarni l’intrigante esotismo fascinoso e terribile del selvaggio, l’innocenza montaigneana dell’uomo naturale, non è certo cosa sulla quale vale la pena tornare a discutere. Si potrebbe forse enfatizzare il suo indispensabile coinvolgimento nella vicenda narrata: la sua fraterna amicizia con Ismaele, l’abilità di ramponiere, altruismo impressionante... Ma nemmeno di questo parleremo. Perché se c’è un luogo del romanzo che ha catturato inesorabilmente la mia curiosità è il capitolo diciottesimo a lui dedicato: His mark [il suo segno].

ILLUSTRAZIONE queequeg a letto con ismaeleDopo un bizzarro scambio di battute tra i capi barca, viene chiesto al Nostro di apporre la sua firma o un suo segno sul contratto e si legge allora: «presa la penna che gli veniva offerta, riprodusse nella carta, nel posto appropriato, l’esatta copia di una bizzarra forma rotonda [an exact counterpart of a queer round figure] che aveva tatuata sul braccio».

La maggior parte delle edizioni esistenti riportano quindi l’immagine di una piccola croce greca.

queequeg in mareEd è evidente già ad una prima occhiata come il segno in questione, la mark di Queequeg, non possa essere tale, tuttavia in nota il curatore della versione Feltrinelli A. Ceni giustamente precisa: «la croce stampata nella prima edizione americana e in seguito sempre più o meno riprodotta in ogni altra edizione successiva e ovunque adottata, non è “una bizzarra forma rotonda” e fu probabilmente impiegata dal primo tipografo in sostituzione delle figura che Melville aveva disegnato nel manoscritto».

La questione si fa intrigante: Melville nel suo manoscritto ha riprodotto il mark, la firma di Queequeg (nonché il suo tatuaggio), che poi, già dalla prima edizione, non è stato adottato. Qual era questo segno? Cosa rappresentava realmente?

foto (2)Anche volendone ammettere una versione curvilinea, rimane inconcepibile la possibilità che una qualsiasi croce fosse tatuata sul braccio eretico del ramponiere, perciò il primo editore deve aver scelto questo simbolo tipografico per comodità di stampa.

Nel testo di C. Caramello dell’83 intitolato Silverless mirrors: book, self and postmodern american fiction, nella sezione dedicata al capitolo in questione si legge: «this mark copied from the indecipherable and indeed imaginary text of Queequeg’s body is forever lost to us». Sembrerebbe quindi che l’originale manoscritto di Melville sia andato definitivamente perduto (clichés della filologia moderna).

firma queequeg ediz 2015Tuttavia in alcune recenti versioni del testo, basti vedere l’edizione 2015 curata da Bishop per la casa editrice Dover, il mark di Queequeg si trasforma in una sorta di simbolo dell’infinito.

Film firma queequegE già nel film Moby Dick del ’56, questa ipotesi si era trasformata in opportunità scenografica quando la cinepresa indugiando sul segno ora a forma di balena, preannunciava l’incontro fatale con Moby Dick.

Tuttavia la scelta grafica del testo e del cinema rimane ingiustificata (almeno da quello che sono riuscito a scoprire fin’ora...).

Che abbiano trovato il manoscritto originale con il mark disegnato da Melville? Se sì, allora perché non viene esplicitato almeno in nota data l’importanza che il simbolo ha nel testo? Dico importanza, perché questo è l’unico “ripiego” grafico non letterario che il racconto iper-descrittivo di Melville si concede. Avrebbe potuto benissimo descriverlo minuziosamente, come descrive la sagola o il cervello del capodoglio nei successivi capitoli, invece lo disegna.

Se dunque il disegno edito in queste versioni fosse quello realizzato da Melville, il mio scritto chiuderebbe qui, ma se così non fosse, mi si conceda allora una (certamente superflua) ipotesi alternativa.

tupai kupaLa suggestiva proposta di Sanborn, che la figura di Queequeg sia stata ispirata da quella di Tupai Cupa ritratto nel volume The New Zealanders edito nel 1830, sembra molto convincente (problema affrontato anche nel libro Tattooing the world di Juniper Ellis). Il volto del neozelandese, da egli stesso disegnato, avrebbe così certamente fornito uno spunto originale allo scrittore americano. Perché non supporre allora che, in analogia con il volto, il simbolo utilizzato dal ramponiere fosse una sorta di “spirale” moko? La figura sarebbe conforme alle caratteristiche di circolarità e bizzarria fornite dallo scrittore e potrebbe benissimo trovarsi sul braccio di Queequeg. Perché altrimenti utilizzare il simbolo dell’infinito non usuale tra i tatuaggi tribali?

Il segno dal canto mio rimane ancora misterioso, un unico segno come un rampone scagliato dal primo rematore che ha catturato e cattura la mia attenzione… certo la lettura continua, Achab sale a bordo e si parte. Ma su quel braccio, quel robusto braccio da ramponiere, rimane ancora un vuoto.

Vogatori dell’immaginario, aiutatemi a colmarlo, chissà che non tocchi a voi l’oncia d’oro spagnolo fissata dal capitano sull’albero maestro.

 

(Giovanni Scarpa)


La questione del mento, ovvero come riconoscere i buoni e cattivi nei fumetti

28faf62a3fc33e8ca24427036f6d9d5bProseguono i contributi di Giovanni Scarpa, studente della facoltà di Lettere, già presidente dell’Associazione Rosmini e grande appassionato di immagini e fumetti. Ricordiamo che per Il Leggio Editrice Scarpa ha pubblicato “Giorgio foresto, le opere segrete di Giorgio De Gaspari”. Ecco un suo semiserio intervento sulla fisiognomica dei supereroi.

 

Questo breve scritto potrebbe certo raggiungere le altezze (o bassezze) intellettuali di un Lavater o di Lombroso, non fosse per la sua più che scontata prevedibilità.

tumblr_mka8r2LWVH1rnhr86o1_1280Ciò che infatti concerne la fisiognomica supereroistica maschile, le sue costanti iconografiche, le sue geometrie facciali, è ormai di dominio pubblico.

Ne faceva menzione l’intrigante pellicola The Unbreakable - il predestinato - nella quale la melliflua voce di Samuel L. Jackson descriveva il volto di un supercattivo. Per questo non ricorrerò, come invece ebbe modo di fare Marco Bussagli, ad antecedenti intellettualoidi come Leonardo Da Vinci, Bernini o Carracci (http://www.treccani.it/enciclopedia/fumetto_(Universo-del-Corpo)/).

Sarà assolutamente volgare questa mia revisione, ma tant’è...

Un tale funambolico preambolo non poteva che portarmi allora, a considerare la cosiddetta (dal sottoscritto naturalmente) “questione del mento”.

Elemento cruciale, il mento, che discrimina e separa i buoni dai cattivi (con le solite dovute eccezioni).

tumblr_mz7oyztA8P1tp6rxbo1_500Sia stato poi un suggerimento inconscio di Jerry Siegel per la caratterizzazione di Superman, o che lo abbia compreso per ardue vie induttive Stan Lee, non lo sapremo mai; certo è che l’ascendente “asburgico” o “prognatico” dei buoni rimane innegabile, basti guardare la super mandibola di Tom Welling!

Spesso, anzi, si va ad aggiungere quella piccola fossetta alla Bruce Wayne che presto vedremo sui grandi schermi interpretata dal sublime mento di Ben Affleck (vedi il trailer a pié di pagina), come se alla già salda struttura monolitica, ne dovesse subentrare una più stabile, bifora.

Magnifico testimone di questa idiosincrasia supereroistica è stato senza ombra di dubbio il grande e ormai “storico” disegnatore Bruce Timm.

3d3916803620181127ee8fc546314392Non solo perché il suo inconfondibile tratto ha dato a Batman, Superman, Thor e Capitan America, un mento simile a un cubo di marmo (con la non poco azzeccata idea di indistruttibilità che ne segue), ma soprattutto perché i suoi “cattivi” forniscono una esemplare inversione geometrica. Il suo Joker, rimasto nell’immaginario comune nonostante le fortissime ascendenze iconografiche dell’ultimo Heath Ledger, ha uno dei menti più affilati dalla storia del fumetto: è spigoloso, scontroso, violento. La sua freccia acuminata corrisponde e colpisce perfettamente il bonario e robusto bersaglio dei “buoni”. Lo stesso si potrebbe dire del più paffuto Pinguino o del verde Goblin.

Esigenze grafiche, certo, queste, che altri più esili supereroi come Spiderman o Silversurfer non possono permettersi, e che enormi cattivi come Rhino sono costretti a sovvertire; e tuttavia suggestive.

Considerazioni, insomma, che lasciano il tempo che trovano, o per meglio dire, il “mento” che trovano.

(Giovanni Scarpa)

 

 


L’aviatore immaginario. Ovvero le copertine di guerra di Pino Dell’Orco

caf045Quella sorta di splendida, casuale coincidenza, che gli antichi chiamavano fato e che i più arditi contemporanei hanno il coraggio di chiamare provvidenza, mi portò a vedere alcune magnifiche copertine, e mi fermai. Sì perché ormai il mio cervello funziona al contrario e rifiuta con gioia quella massima materna che impone di “non giudicare mai un libro dalla copertina”. Quei piccoli, fin troppo piccoli (13 x 14 cm) fumetti della ormai dimenticata seconda edizione della “collana eroica” (328 numeri usciti settimanalmente dal ’63 al ‘70) non li apersi nemmeno, li comperai (non tutti naturalmente) per le copertine. Molte, riuscii a scoprire poi, erano dell’italiano Pino Dell’Orco.

Ora, per usare un eufemismo, potremmo dire che si trova “poco” di Pino Dell’Orco nella rete, così mi toccò (e con gioia devo ammettere) comprare libri appositamente. Libri splendidi come The art of war, Aarrgghh!! It's War o The War Libraries di David Roach. Fu agli inglesi quindi che mi rivolsi per avere informazioni riguardo uno dei più grandi copertinisti italiani! David Roach e il collezionista Alan Barnard risposero e cominciò un bizzarro scambio epistolare (via mail s’intende). Mi hanno quindi concesso di pubblicare alcune immagini e informazioni che in lunghi anni hanno a poco a poco raccolto, e solo grazie a loro posso così riassumere la vita del grande e sconosciuto Dell’Orco.

CBAxFu uno scolaro ossessionato dagli aeroplani che crebbe nella Roma degli anni Trenta, leggendo fumetti come Will Sparrow eroe dell’aria di Kurt Caesar che lo appassionarono ancora di più all’aviazione. Artista prodigioso cominciò giovanissimo presso lo Studio Favalli sotto le guide di Enrico De Seta (celebre cartellonista cinematografico) del quale ben presto riuscì ad assorbire lo stile (dipingendo cartelloni che poi De Seta firmava spacciando per suoi). Negli anni Cinquanta, invece di seguire la moda e trasferirsi a Milano, volò a Rochford vicino Londra dove, grazie all’aiuto dell’agente Bryan Colmer, riuscì a far parte dei copertinisti di guerra delle Fleetway Publications. Più di 300 copertine furono affidate a lui da parte di quella che all’epoca era la più grande casa editrice di comic book al mondo.

Assieme a molti dello Studio Dami che collaboravano con la Fleetway, anche il De Gaspari si trovava in quel periodo a lavorare per la stessa collana, scrive ancora Roach, e si pensava fosse lui il migliore (anche perché veniva pagato 30 ghinee a copertina anziché 25), eppure il minimalismo di Dell’Orco impiegò poco tempo a conquistare gli occhi di tutti, a stregare gli animi. Le composizioni scabre ed essenziali, quelle sue grandi campiture cromatiche alla Bernie Fuchs e d’ispirazione vagamente gauguiniana, controbilanciano a pieno le particolareggiate immagini di Biffignandi, la leziosità di De Gaspari, il realismo fotografico di Bruno Faganello.

foto (2)Nel 1957 illustrò persino le pagine della Storia dell’aeronautica: dalle origini ai giorni nostri di Rodolfo Gentile, tanto era diventata meticolosa la sua conoscenza delle macchine aeree.

Dopo la rottura con la moglie londinese tornò a Roma dove continuò a collaborare con alcune riviste del settore e si propose di dar vita ad un museo dedicato naturalmente… agli aerei. Si spense pochi anni fa, e mi dispiace molto non aver avuto occasione di conoscerlo: lo immagino salire in alto su un biplano, nel cielo dietro le nuvole, per unirsi all’immenso sciame degli aerei perduti, come nella scena centrale del Porco rosso di Miyazaki.

Sembrerà ingenuo o superficiale dire che queste illustrazioni di guerra parlano da sé, ma non occorre un occhio esperto per coglierne la tecnica raffinata (penso alla realizzazione delle esplosioni o delle pale rotanti…), il genio compositivo, il minimalismo cromatico di cui già si parlava.

E pensare che il più delle volte le copertine di questi fenomenali artisti venivano stampate senza alcuna indicazione, nell’anonimato. Molti di loro si consideravano dei semplici artigiani, degli impiegati.

caf033Eccoci invece di nuovo stupiti, finalmente lieti di riconsegnare a questi “artisti sperduti” il merito dovuto!

Che queste poche righe (le uniche per ora in lingua italiana) possano provocare i curiosi, far rombare nuovamente i motori della ricerca, far spiccare il volo a chi desidera raggiungere e conoscere uno dei più “alti” illustratori italiani.

 

(Giovanni Scarpa)


Addio a Carlo Porciani, promotore e innovatore dell’illustrazione italiana

Porciani Giovanni ScarpaGiovanni Scarpa, studente della facoltà di Lettere dell’Università di Padova, cultore della storia dell’illustrazione contemporanea e autore di “Giorgio Foresto - Le opere segrete di Giorgio De Gaspari”, ci propone un ricordo di Carlo Porciani, pioniere dell’illustrazione italiana, cofondatore del mitico “Studio Dami”, che ci ha lasciato in questi giorni. Nella foto a fianco: Porciani con Giovanni Scarpa nella casa toscana dell’artista.

 

Porciani giovaneSi è spento pochi giorni fa (il 4 novembre 2015), Carlo Porciani, dopo una lunga e taciuta malattia.

Grande promotore e innovatore dell’illustrazione italiana è ormai dai più ingiustamente dimenticato.

Dopo aver lavorato nel 1956 al personaggio Davy Crockett, nell’industriosa Milano del 1958, assieme ai fratelli Rinaldo e Pietro Dami, collaborò alla fondazione delle rivoluzionarie Produzioni Editoriali Dami, che esportando in Europa i migliori autori del fumetto italiano, fecero di lui uno stimato editore (oltre che fumettista) e uno dei più importanti promotori dell’illustrazione moderna.

Porciani Studio DamiNegli anni in cui la televisione mostrava i suoi programmi in bianco e nero, questa grande-piccola officina, che i più chiamavano semplicemente “Studio Dami”, spandeva nelle librerie i più raffinati e innovativi libri illustrati (dinosauri, enciclopedie, fumetti…) che per la prima volta guardavano con vorace curiosità al panorama americano e londinese (western, fumetti di guerra, collaborazioni con la Fleetway Publications...) Attorno a questo nuovo focolare artistico che Giorgio Trevisan ricorda come “un posto un po’ dimesso, ma che a me sembrava il Paradiso”, si riunirono grandi Porciani Rodeocome Giorgio De Gaspari, Hugo Pratt, Mario Uggeri, Dino Battaglia, si formarono maestri come Aldo Di Gennaro.

Nelle stanze in Corso Italia, a metà tra un grande studio collettivo (i tavoli di lavoro stavano uno accanto all’altro in una grande stanza comune) e una biblioteca (molti illustratori si recavano nello “Studio” alla ricerca di informazioni utili per disegnare indiani, aeroplani d’epoca…), se ne videro davvero di tutti i colori. Tra scherzi e lavoro, qualcuno dava da mangiare al Cacatua bianco che svolazzava tra i tavoli, qualcun altro cercava di badare alla scimmietta, vera, che il De Gaspari aveva regalato ad uno dei soci.

Porciani Kolosso2Molte ancora le storie che qualcuno si prenderà la briga di raccogliere dalla viva voce di Di Gennaro, Festino, Orlandi; storie ancora nascoste nelle nebbie del ricordo, ma che, con una piccola spolverata, sapranno mostrare il loro splendore, il loro brio artistico. Un primo contributo è certo il prezioso articolo del Frisenda “Lo Studio Dami di Rinaldo ‘Roy’ Dami - Una fucina di autori” (link )

Porciani EgiziCarlo, giovane barbuto e intraprendente, minuto ma prestante, finì per posare per il pittore Cracupino che doveva illustrare nella rivista “Epoca” alcune scene storiche. Posò come nobile egiziano e da allora, per tutti gli anni ‘60 e ‘70, i diversi illustratori non poterono far altro che disegnare egiziani dal profilo alla Porciani.

Nel ’64, assieme a Mario Faustinelli e altri grandi fumettisti, diede vita all’inarrestabile Kolosso, “nipote di Ercole e di Maciste”, personaggio che guardava certo con lungimiranza alla wellness contemporanea e anticipava interpreti a lui più vicini come il bonario e brutale Bud Spencer o il palestratissimo Arnold Schwarzenegger.

Porciani Kolosso3La storia di Carlo si perde poi tra collaborazioni editoriali, piccole produzioni e una grande passione per il collezionismo. Fu fervente e importante estimatore delle opere del De Gaspari nonché uno dei suoi più cari amici. Finì per condurre una vita solitaria, immerso nello studio, felicemente sommerso dai libri nella sua casa in Toscana.

In attesa di altre più copiose e meritate rimembranze, auguriamo a Carlo un buon felice ritrovo con gli altri grandi “gentiluomini di fortuna”.

(Giovanni Scarpa)


Un’e-mail inaspettata dalla Colombia

6901658_1[1]Una e-mail del tutto inaspettata dalla Colombia. Ci è giunta ieri, da parte di Gastone Bettelli, modenese trapiantato da tanti anni a Bogotà e amico - oltre che scopritore in giovane età - del grande illustratore Giorgio De Gaspari a cui l’Associazione Rosmini ha dedicato un incontro e numerosi approfondimenti. Ve la proponiamo perché ha il sapore della testimonianza personale, peraltro godibilissima, assieme a un’altra lettera, successiva, a Giovanni Scarpa, autore di Giorgio Foresto. Le opere segrete di Giorgio De Gaspari

 

 

Lettera all’Associazione Rosmini

 

Vivo da anni in Bogotá, Colombia Sud America. Dico questo all’inizio perché il mio italiano giè povero da prima si è ancora più impoverito stando qua, e perciò abbiate pazienza magari con i miei strafalcioni linguistici.

Quando giovane (ho 78 anni) collezionavo in Italia i bellissimi disegni in bianco e nero che De Gaspari aveva fatto per un romanzo titolato La Strada di Volokolamsk e che apparivano sul giornale comunista l’Unità che mio padre riceveva “religiosamente” (trattandosi di un comunista... si fa per dire) ogni giorno.

Non c’è molto da stupirsi giacche a quei tempi, a Modena, la mia città natale quasi tutti erano comunisti dal libro in giù.

Io no. Io avevo studiato all’Istituto d’Arte Adolfo Venturi e giovane non leggevo Marx ma bensì La Recherche du Temps Perdu proustiana.

Io, secondo un modo peculiare di esprimersi di mio padre (che Dio lo abbia in gloria) avevo le “natiche gialle” che voleva poi dire nel suo modo dialettale che ero un borghesuccio.

Lo sono ancora.

Quando andai a studiare a Roma all’Accademia delle Belle Arti, per sostenermi lavoravo allo Studio Favalli che in Roma faceva la pubblicità per le pellicole e fra un gruppo di talentosissimi illustratori, videlicet Renato Fratini, Pino Dell’Orco, Sandro Biffignandi, Nicola Simbari, nessuno conosceva come illustratore Giorgio de Gaspari. Io senza dubitare un attimo, pur essendo un ragazzino di 17 anni, non ebbi timore a raccomandare ad Augusto Favalli, il proprietario dello Studio nell’antico edificio che dava sulla bella piazza romana di Piazza Dante, il nostro Giorgio De Gaspari.

Il quale fece una tavola per il film - Guerra e Pace di Dino de Laurentiis - che letteralmente sconvolse il modo di illustrare in Italia.

Quando la presentò, abbastanza ubriaco dopo avere un po’ troppo indugiato su una bottiglia di whiskey venendo da Milano, tutti gli illustratori rimasero ipnotizzati (anche io) come se avessero visto il Santo Gral.

Mai vista una illustrazione così bella. Oggi è nelle mani della famiglia De Laurentiis, si dice.

A partire di lì tutta una schiera di illustratori - Carcupino, Di Gennaro ed altri - si schierarono nel bando formale-illustrativo del geniale Giorgio.

Colpa anche mia, senz’altro, che lo feci conoscere in quel di Roma.

Ebbi poi occasione, in Milano accompagnato dal mio amico Sandro Biffignandi, di andarlo a trovare in quei giorni umidi e gelati di Natale, nel suo studio.

Ci vorrebbe il talento di Vladimir Nabokov per ricostruire quella originale e mai ripetuta esperienza perché oltre ad aver una mano ed una memoria visuale eccezionale Giorgio De Gaspari di stramberie geniali non era per niente avaro.

Quel giorno ne dette una prova.

Gli chiese Biffigandi, ironico, dove era il Presepio.

È qua, disse, ed aprì un enorme frigorifero che stava nella metà della sala come una specie di Golem con uno di quei “ice box” con luce di neon; dentro il “freezer” aveva messo ritagliate minuziosamente in cartolina tutte le figurine del presepio che adesso apparivano ricoperte di una neve artificiale, dando un senso ultramondano e fantasmagorico al presepio.

Ho sentito, oggigiorno di un revival della opera del maestro De Gaspari e di un libro chiamato Il mistero di Giorgio De Gaspari, vorrei comprarlo ditemi per favore come potrei farlo.

Intanto ben potete inviare queste note all’autore se vi pare che ne valga la pena.

Ricevete per adesso, in ogni modo, un cordialissimo saluto d’oltremare.

Vostro Gastone Bettelli

 

Lettera a Giovanni Scarpa

 

Caro Giovanni, devo dire subito qualche cosa che suona indubbiamente come un gesto altivo e di criticabile fanfaroneria, però anche così nessuno potrà negare che io sono stato il primo scopritore degaspariano della mia generazione.

Io andavo ancora al Istituto d’Arte Venturi in Modena e certamente mi insegnavano i miei carissimi maestri che ho da sempre stimato tanto (Spazzapan in primis) le cose d’arte del passato. Senza questi bravissimi maestri sarei forse diventato il primo gangster modenese, giacché non avendo mamma, morta giovane durante la guerra, io ero diventato un lazzarone, giusto termine anche dal fatto che son nato nel rione popolare e propriamente chiamato di San Lazzaro in quel di Modena

E naturalmente feci riproduzioni da gessi del David di Michelangelo e cose del genere ed ero anche bravino come si suol dire.

Però la mia passione era il Cinema e non il Rinascimento italiano pur così grande da sempre.

Infatti per quello andai a Roma e non a Milano una volta ricevuto il pomposo titolo di maestro d’arte per studiare alla Famosa Accademia d’Arte di Roma dove feci due anni sotto la guida del caro Franco Gentilini che lì insegnava; e in ogni caso se eccellevo in qualche cosa era nel disegno che ancora oggi rimane la mia passione mai spenta.

Ed entrai allo Studio Favalli che faceva i cartelloni pubblicitari per la Lux Film, la Paramount eccetera. Era il momento del boom del cinema del dopoguerra e dovevo però fare il servizio militare.

Io fui obiettore di coscienza ante litteram e di armi non ne volli sapere giacché ne avevo visto fin troppe nella mia infanzia, sono nato nel 37... capirete!

E me ne venni a Colombia come base, poi lavorai e conobbi tutti i paesi delle due Americhe, meno purtroppo il Brasile.

Tu caro Giovanni potrai fare di queste note ciò che vuoi però ti assicuro che non vi sono alterazioni inventive, anche dette bugie, da parte mia.

In Chicago lavorai nello studio di Stevens Biondi De Cicco e lì ebbi occasione di conoscere due bravissimi illustratori americani già spenti Bob Peak e Bernie Fucks, però nonostante i grandi talenti americani (Morton Roberts, Robert Fawcett - inglese -, Norman Rockwell ecc) nessuno di loro ammirai tanto come il nostro genialoide Giorgio De Gaspari che poi aveva da sempre coltivato attorno a sé l’aura del “bohemienne” che invece nella cultura protestante americana non funziona per niente giacché lì funziona da sempre il business man ed anche in cose d’arte applicata come l’illustrazione, affari sono affari. È il pragmatismo nord americano.

Mentre scrivo questo penso alla fortuna che avrebbe fatto Giorgio de Gasperi in America!

Beato lui che è rimasto autentico con il suo modo d’essere anche se poi con la vecchiaia, mi sembra, e non voglio esser per niente crudele, divenne un po’ la macchietta di se stesso.

In ogni caso per chiudere, per oggi, mai in tutta la vita mia, ho visto una tavola illustrativa cosi spettacolare come quella che fece Giorgio De Gaspari per il film Guerra E Pace di Dino De Laurentiis con Mel Ferrer ed Audrey Hepburn e Henry Fonda. Su questo lavoro ritornerò poi con un po’ più di tempo.

Certo che se mi arrivasse il libro da te con una tua dedicatoria gran regalo sarebbe per me.

Io poi a mia volta ti farò ricevere uno che han fatto su di me e che dovrebbe uscire, speriamo, in questo Dicembre e dove si racconta visualmente la storia della Indipendenza di Colombia dalla Spagna.

Saluti cari

Vostro Gastone Bettelli da Modena


Giovedì 5 febbraio a Padova si presenta “Giorgio Foresto” con Aldo di Gennaro

orizzUn’occasione imperdibile per conoscere l’incredibile avventura umana e artistica del più grande illustratore del Novecento. Geniale e Bizzarro, Giorgio De Gaspari ha lasciato alle sue spalle un’aneddotica ancora inesplorata, come d’altra parte molti dei suoi capolavori. Un artista in fuga da Milano, dalla fama, ritiratosi nella sua palafitta lagunare, a Pellestrina. Ma sempre attivo, in viaggio, sempre pronto a stupire con nuove prospettive artistiche.

Giovedì 5 febbraio 2015, ore 21.00
Sala dello Studio Teologico, basilica del Santo, Padova

Incontro di presentazione del libro

GIORGIO FORESTO le opere segrete di Giorgio De Gaspari
(Il Leggio editore, 2014, 15 euro)

Interverranno Aldo Di Gennaro, storico illustratore italiano e l’Autore.

Il catalogo presenta, oltre ad alcuni affascinanti approfondimenti biografici, trenta opere inedite molte delle quali commentate dal famoso illustratore Giorgio De Gaspari, considerato da molti il più grande del Novecento italiano. Nato nel 1927 in provincia di Milano, viene sin da subito ad intraprendere una brillante carriera artistica negli studi del Corriere assieme a grandi come Walter Molino, Hugo Pratt, Aldo Di Gennaro.

locandinaSospinto poi da un radicale desiderio di nascondimento, si rifugia a partire dal 1970 lontano da tutti nelle piccola isola di Pellestrina ai margini della laguna veneta, in una palafitta. Qui, indisturbato e liberato da vincoli lavorativi, conduce una bizzarra vita bohèmien fatta di stracci e coronata dal chiacchiericcio della gente. Continua inoltre, all’insaputa dei colleghi milanesi, a produrre opere artistiche sinora rimaste nascoste nelle case dei privati, testimoni eloquenti di un genio artistico ormai maturo, di una rinnovata freschezza esistenziale.

Assecondando il timore della popolazione isolana che segretamente lo ospita e il suo desiderio di rimanere nascosto, comincia a firmarsi Giorgio Foresto ovvero “Giorgio lo straniero”: un appellativo più che riuscito data la capacità elusiva che le sue opere d’arte tutt’ora misteriosamente presentano. Il curatore, girando per le case dell’isola, raccogliendo le testimonianze degli amici più intimi, riporta a galla un piccolo frammento dell’ avventura umana di questo maestro dell’ illustrazione: un piccolo sasso gettato nelle acque tranquille e feconde del Foresto che si spera possa dar vita ad un rinnovato e quanto mai meritato interesse.

Giovanni Scarpa è nato a Pellestrina nel 1991. Si sta laureando in Lettere all’Università di Padova. È stato presidente dell’Associazione culturale universitaria Antonio Rosmini dal 2011 al 2013.

Nato a Milano il 20 aprile 1938, Aldo Di Gennaro dopo i primi fumetti per lo studio Dami nel ’56, inizia nel ’62 la collaborazione al Corriere Dei Piccoli, con “Il Treno del Sole”, il “Piccolo cow-boy”, “Piccole donne” e “Fortebraccio”. Molte storie autoconclusive e, nel ’74, “Il Maestro”, una ventina di episodi sul Corriere dei Ragazzi. Ancora poche storie negli anni successivi e poi si dedica del tutto all’illustrazione per la Domenica del Corriere, Corriere dei Piccoli, divenuto poi Corriere dei Ragazzi e Corrier Boy e per altre testate Rizzoli, casa editrice di cui è dipendente: Il Corriere della Sera, Salve, Amica, Corriere Salute, Qui Touring, Capital, e molte copertine di narrativa per Rizzoli Libri e il Club degli Editori.

 

Acquista il volume sul sito de Il Leggio.


“Giorgio Foresto” e i centri culturali

Epifania a VeneziaGrande attenzione del sito internet dell’Associazione italiana Centri culturali www.centriculturali.org al libro “Giorgio Foresto - le opere segrete di Giorgio De Gaspari” di Giovanni Scarpa, studente universitario già presidente dell’Associazione culturale Rosmini. Oltre alla notizia dell’uscita del volume in libreria, il sito ospita un editoriale del nostro socio Eugenio Andreatta intitolato “Un’esperienza culturale che nasce da uno sguardo sulla realtà”. La stessa passione per ogni aspetto del reale che ha connotato l’opera di De Gaspari.

 

centriculturali.org, Un’esperienza culturale che nasce da uno sguardo sulla realtà (link http://www.centriculturali.org/default.asp?id=354#b2211)

 

«Tutti qui a Pellestrina conoscevano Giorgio, ma nessuno sapeva fosse il più grande illustratore del Novecento. Da quando arrivò nella nostra isola ha sempre vissuto da barbone. Io ho avuto coscienza di cosa fossero le sue opere per la prima volta nel 2010, in una piccola esposizione locale fatta alla buona; da allora me ne sono follemente innamorato».

Chi parla è Giovanni Scarpa, studente di Lettere all’Università di Padova, già presidente dell’Associazione culturale Rosmini di Padova. Il Giorgio di cui si parla è Giorgio De Gaspari. Ovvero un illustratore di primissimo piano, che operava nella redazione del Corriere della Sera e della Domenica del Corriere assieme a grandi come Walter Molino, Hugo Pratt, Aldo Di Gennaro, Rinaldo Dami. Giorgio, che al Corriere era strapagato e lavorava anche per la Fleetway publications di Londra, a partire dal 1970 fugge dall’ambiente milanese e si isola, lontano dal mondo, nella laguna veneta.

«Per due anni, dal 2012 (anno in cui è morto) al 2014», racconta Giovanni, «sono andato alla ricerca nelle case dei pescatori e della gente del posto per scovare sue opere assieme ai ricordi di chi lo aveva conosciuto, una ricerca che sta ancora continuando». Sì, perché De Gaspari pagava il pane e il latte con disegni e dipinti che oggi valgono decine di migliaia di euro. E lavorava in una palafitta che si può scorgere ancora oggi, in mezzo alla laguna. Per la gente del posto era “Giorgio Foresto”. Giorgio, quello che viene da fuori. E proprio GIORGIO FORESTO le opere segrete di Giorgio De Gaspari si intitola il catalogo che Scarpa ha realizzato nel 2014 per i tipi della libreria editrice “Il Leggio” di Chioggia (www.leggioeditrice.it), che presenta, oltre ad alcuni approfondimenti biografici, circa trenta opere inedite.

Lo studente ci regala un altro ricordo: «Nell’agosto del 2006 finimmo di ristrutturare la casa e mia madre volle invitare Giorgio da noi per chiedergli di dipingere qualcosa sulla parete della cucina. Quella mattina, quando si presentò a casa nostra, c’eravamo solo io e mia madre, e mentre lei continuava a preparare il pranzo, fece sedere il Foresto proprio di fronte alla parete nuova. Io osservavo la scena in disparte. Giorgio fissava lo spazio bianco davanti a lui, perso nei suoi pensieri, mentre mia madre cominciava a parlare. Gli spiegava che avrebbe tanto voluto un tramonto dipinto, con queste cose e quest’altre, ma il Foresto pareva non ascoltarla, pareva sognare quasi, con gli occhi fissi al muro, immobile. Mia madre continuava spiegandogli le sue paure: “Ho un po’ di paura, però, che gli odori e i fumi della cucina rovinino la pittura…”. Solo a queste parole, per una singolare incomprensione Giorgio parve ridestarsi. Si voltò rapidamente verso di lei e disse: “Cioè, lei vorrebbe che io disegnassi gli odori della cucina?”. I suoi occhi parevano brillare di stupore. Penso fosse meravigliato dal fatto che mia madre avesse chiesto una cosa così inusuale, così paradossale. Nel suo cervello miliardi di connessioni nervose elaboravano sinestesie cromatiche e olfattive, provavano a dar vita ad un dipinto nuovo e spettacolare che pareva esaltarlo. Turbata mia madre rispose in fretta: “No, no. Io vorrei un tramonto…”. Giorgio si alzò un po’ deluso e se ne andò dicendo: “Allora niente!”»

L’episodio è rivelatore. Tutte le opere di De Gaspari nascono da uno sguardo senza preconcetti alla realtà che lo porta a intuire, a svelare significati e presenze prima nascosti. La pietà popolare, che a parole disprezza, lo ispira molto da questo punto di vista. È il caso delle sue personalissime Madonne, come la “Madonna in jeans” (foto a lato), con il bambino Gesù in braccio, seduta su una bricola, la struttura di pali di legno che indica le vie d’acqua nella laguna. Nulla di irriguardoso o caricaturale, semplicemente sono elementi della vita di ogni giorno dei pescatori che entrano a comporre una scena sacra e insieme feriale. Singolare anche la Madonna Sirena. Solo un pittore eclettico e geniale come Giorgio poteva trasformare l’elemento letterario dell’inganno e della morte nella delicata immagine della salvezza. E cosa dire della straordinaria Epifania ambientata a Venezia? In un trionfo cromatico, vediamo i cammelli passeggiare per i ponti e stravolgere la quotidianità (come in Caravaggio), perché Gesù non può essere che presente. Dedicato ai milanesi invece il fittissimo disegno in penna biro blu su un foglio strappato da un notes. Mentre un angioletto-putto indica una bella bicicletta al centro del disegno, un mostro spunta da sotto la macchina in primo piano, mentre prende vita una pila di auto dallo sguardo cattivo. Una via di salvezza? Prendere una bici.

Opere di una freschezza assoluta, che ci parlano di un artista capace di guardare al mondo con gli occhi e la fantasia di un bambino. Era nota ad esempio la sua totale estraneità ai soldi. Un suo amico voleva metterlo in contatto con un grande collezionista americano, che avrebbe portato l’artista negli Usa pagando milioni per le sue opere. La risposta di Giorgio fu lapidaria: «Promettimi che non me lo farai mai conoscere». E nel suo appartamento di Brera dai mobili dipinti, dove viveva negli anni Sessanta con la moglie Frances, per un periodo tenne in salotto un enorme cacatua bianco, che dominava gli spazi con i suoi cinquanta centimetri di altezza mentre cercava di rubare il pranzo agli invitati. Per non parlare poi della capra che, sempre durante il periodo di collaborazione con la Domenica del Corriere, Giorgio teneva in casa e portava a passeggio per le strade di Brera. Non si faceva problemi a portarla al guinzaglio sin dentro gli uffici della Mondadori sulla cui moquette nuova sembra aver lasciato pure qualche sgradevole ricordo.

Eugenio Andreatta

 

Galleria: il singolare atelier e le opere di Giorgio De Gaspari citate nell'editoriale di centriculturali.org

 


La Rosmini si presenta

19[1]Venerdì 14 novembre alle 21.15 nell’Oratorio del Redentore della parrocchia di Santa Croce, in corso Vittorio Emanuele 166, vicino al santuario di Padre Leopoldo (nella foto: la città di Padova in uno degli affreschi dell’oratorio), si terrà l’incontro dei soci dell’Associazione culturale Antonio Rosmini.

L’incontro, aperto a tutti i soci ma anche ai simpatizzanti, sarà l’occasione per fare il punto sulle attività presenti e future della Rosmini e presentare alcuni incontri e occasioni culturali: la mostra “Memoria duttile sasso” di Alfredo Truttero (Este 22 novembre-13 dicembre) e il volume di Giovanni Scarpa dedicato a Giorgio De Gaspari, il più grande illustratore del Novecento

Ci collegheremo inoltre via Skype con il pianista brasiliano Marcelo Cesena, nostro ospite nei mesi scorsi, che ci racconterà il suo nuovo tour e i progetti legati anche a Padova…

Concluderemo la serata con un momento di festa con torte e brindisi!

La Rosmini è una associazione non profit sostenuta da un piccolo gruppo di persone che gratuitamente e per passione vuole approfondire e vagliare diverse tematiche culturali attuali, offrendo occasioni di incontro, spettacolo e riflessione. Se vuoi coinvolgerti con noi facci sapere. L’associarsi è il primo e più semplice modo di sostenere la nostra attività. Il tuo aiuto è importante! Grazie!

Qui puoi scaricare una brochure dove illustriamo tutta l’attività della scorsa stagione. Può essere anche uno strumento utile per suggerire o eventuali sponsorizzazioni l’anno prossimo!

 

Info: 329-9540695 info@rosminipadova.it


“Giorgio foresto”, la vita misteriosa di De Gaspari, il più grande illustratore del Novecento

DeGaspari 002Esce in questi giorni presso la libreria editrice “Il Leggio” di Chioggia (www.leggioeditrice.it), il catalogo dal titolo GIORGIO FORESTO le opere segrete di Giorgio De Gaspari che presenta, oltre ad alcuni affascinanti approfondimenti biografici, circa trenta opere inedite, molte delle quali commentate, del famoso illustratore italiano, considerato da molti il più grande del Novecento. Un sassolino gettato nelle acque tranquille e feconde della produzione degaspariana che si spera possa dar vita a grandi cerchi concentrici di sana curiosità e vero interesse.

Nato nel 1927 in provincia di Milano, viene sin da subito ad intraprendere una brillante carriera artistica nella redazione del Corriere assieme a grandi come Walter Molino, Hugo Pratt, Aldo Di Gennaro, di Rinaldo Dami e presso la Fleetway publications di Londra; quasi sospinto poi da un radicale desiderio di nascondimento, si rifugia a partire dal 1970 lontano da tutti nella piccola isola di Pellestrina ai margini della laguna veneta.

Qui indisturbato, conducendo una bizzarra vita bohémien fatta di stracci e coronata dal chiacchiericcio della gente, comincia a produrre opere artistiche sinora rimaste nascoste nelle case dei privati firmate Giorgio Foresto, ovvero “Giorgio lo straniero” proprio per questo suo desiderio di non essere riconosciuto, che baratta le opere in cambio di uva e pomodori dal fruttivendolo del paese, di un taglio di capelli dal barbiere, dei formaggi dal commerciante, di una mano a costruire la sua palafitta.....

Una produzione perciò più intima, svincolata da interessi economici o editoriali, di un importante artista che fuggito nel suo studio lagunare (l’immagine allegata della palafitta è infatti il suo studio) ha saputo dipingere e barattare, all’insaputa degli stessi isolani, dei veri capolavori.

DeGaspari 001Un lavoro sorprendente, curato da Giovanni Scarpa, studente della facoltà di Lettere di Padova e già presidente dell’Associazione culturale Rosmini, che svela opere di straordinaria maestria tecnica e rapsodica inventiva che vengono a costituire un vero e proprio tesoro nascosto, un’ulteriore perla custodita sotto le leonine ali veneziane.

Il testo è in uscita e a breve sarà acquistabile sul sito www.leggioeditrice.it e sulle piattaforme più diffuse (Ibs, Amazon), il prezzo di copertina è di 15 euro.

 

Dal sito de Il Sole 24 Ore: Giorgio De Gaspari: il massimo illustratore del Novecento

http://lucaboschi.nova100.ilsole24ore.com/2012/10/20/il-massimo-illustratore-del-900/