biancanevedi Giovanni Scarpa. Ritengo inevitabile come prima cosa scusarmi con i lettori per quell’indefinito e inesprimibile camouflage parapornografico che un titolo come Sui nani di Biancaneve… suggerisce, almeno nel sottoscritto. A parte questo, il breve scritto che segue si propone di affrontare non uno, ma bensì due “grandi problemi” legati al classico Disney e alla sua origine letteraria. Il primo, lo vedremo subito, ossessiona il sottoscritto da oltre due anni e riguarda, per così dire, la classificazione naturale dei nanetti della fiaba, il loro concretizzarsi all’interno di una specifica area semantico-istituzionale. Sicuramente è una domanda che risulterà pura idiozia per alcuni, ma turba profondamente chi scrive: i nani in questione, i famosi “Sette nani”, sono esseri umani affetti da nanismo o nani appartenenti al regno Fantasy?

sette nani (2)Il problema nasce innanzitutto dalla diffusa e inevitabile commistione delle due categorie nell’iconografia immaginifica del volgo. I tratti dei nani fantasy non possono che ispirarsi a quelli dei nani reali! Tanto più che un’affascinante ricerca di Barthels vede in Biancaneve certa Maria Sophia Margaretha Catherina von Erthal, e nei sette nani gli operai impiegati per lavorare nelle antiche miniere nei pressi di Lohr (spesso affetti da nanismo o ragazzi). Il classico Disney del 1937 e le precedenti realizzazioni artistiche non aiutano a risolvere l’arcano: vi scorgiamo una saggia tendenza a non sbilanciarsi troppo, a caratterizzare umanamente i personaggi e al contempo rassomigliarli esternamente ai più classici gnomi. La “confusione” aumenta quando osserviamo i consueti “sette nani da giardino” presentarsi sotto mentite spoglie di gnomi, troppo bassi per essere umani, troppo bassi anche per essere nani fantasy. L’analisi lessicale per ora non ha fornito grosse rivelazioni presentandomi semplici ambivalenze (anche se un linguista tedesco potrebbe forse meglio spiegarmi la differenza tra Dwarf e Zwerge). Insomma, a voi la patata bollente: attendo utili consigli.

sette nani (4)Il secondo problema, di ordine più squisitamente filologico, riguarda il “finale” della fiaba. Rimane assodato che la memorabile scena del bacio disneyano ha saputo influenzare vecchie e nuove generazioni, ma la scena risolutrice della fiaba dei Grimm rimane per il sottoscritto di una poeticità scandalosa (letteralmente parlando). Si legge infatti verso la fine: «Ma un bel giorno un principe capitò nel bosco e si recò a pernottare nella casa dei nani. Vide la bara di Biancaneve sul monte e lesse ciò che vi era scritto a caratteri d’oro. Allora disse ai nani: -Lasciatemi la bara; vi darò ciò che vorrete in compenso-. Ma i nani risposero: -Non la cediamo per tutto l’oro del mondo-. -Allora regalatemela- disse egli -non posso vivere senza vedere Biancaneve: voglio onorarla e ossequiarla come colei che mi è più cara al mondo-. A queste parole i buoni nani si impietosirono e gli diedero la bara. Il principe ordinò ai suoi servi di portarla sulle spalle. Ora avvenne che essi inciamparono in uno sterpo e per l’urto, il pezzo di mela avvelenata che Biancaneve aveva inghiottito le uscì dalla gola. Ella tornò in vita, si mise a sedere e disse: -Ah Dio! dove sono?-. -Sei con me!- rispose il principe pieno di gioia, le raccontò ciò che era avvenuto e aggiunse: -Ti amo al di sopra di ogni altra cosa al mondo; vieni con me nel castello di mio padre, sarai la mia sposa-».

sette nani (1)Ai più questa scioccante farsa dell’inciampo sembrerà l’assassinio del romanticismo, la prosaica versione stupida dei Grimm. A me pare invece brillare di una profonda verità: certo la magia di un bacio non ha alcun paragone, ma che bello pensare che l’evento più importante della nostra vita possa provenire da un inciampo, da un errore, da una svista. I baci si possono dare, gli imprevisti si possono solo ricevere. E poi che bella la risposta del principe a Biancaneve: Dove sono? Sei con me! Come a dire: non importa il luogo, ma il fatto che tu sei qui, ora, al mio fianco. Tutto grazie a quei servi sbadati, tutto grazie a quegli sterpi insidiosi. Insomma: «un imprevisto è la sola speranza» direbbe Montale, e Biancaneve ne è uno splendido esempio.