peggy-guggenheim-venezia_pollock_alchimia[1]Sul lato destro della sala, troviamo “Alchemy”(1947): testimonianza di un pensiero che oramai procede. Un sacrificio o un parricidio del visibile si sono compiuti a favore di nuove modalità.

È la spoglia opima della realtà quella che giace tra la rete di gesti e di traccianti, pittura gettata sul fondo scuro e immediatamente rilanciata da nuovi gesti che si sovrappongono, attori di un’azione che consegue all’annullamento di ogni precedente spazialità.

Non è questo “lasciar cadere” ogni traccia simbolica a rendere l’action di Pollock una pittura realmente laica, rispetto anche ai suoi prestigiosi sodali (vedi Rothko) ancora legati al mondo del mito?

Sull’altro lato della sala, “Elegy” di R. Motherwell, che supera in lunghezza il testo di Pollock: i due teleri si guardano, senza confronto, atti di un pensiero che trova le sue opzioni.

 

(Mario Cancelli 3. continua)