Epifania a VeneziaGrande attenzione del sito internet dell’Associazione italiana Centri culturali www.centriculturali.org al libro “Giorgio Foresto – le opere segrete di Giorgio De Gaspari” di Giovanni Scarpa, studente universitario già presidente dell’Associazione culturale Rosmini. Oltre alla notizia dell’uscita del volume in libreria, il sito ospita un editoriale del nostro socio Eugenio Andreatta intitolato “Un’esperienza culturale che nasce da uno sguardo sulla realtà”. La stessa passione per ogni aspetto del reale che ha connotato l’opera di De Gaspari.

 

centriculturali.org, Un’esperienza culturale che nasce da uno sguardo sulla realtà (link http://www.centriculturali.org/default.asp?id=354#b2211)

 

«Tutti qui a Pellestrina conoscevano Giorgio, ma nessuno sapeva fosse il più grande illustratore del Novecento. Da quando arrivò nella nostra isola ha sempre vissuto da barbone. Io ho avuto coscienza di cosa fossero le sue opere per la prima volta nel 2010, in una piccola esposizione locale fatta alla buona; da allora me ne sono follemente innamorato».

Chi parla è Giovanni Scarpa, studente di Lettere all’Università di Padova, già presidente dell’Associazione culturale Rosmini di Padova. Il Giorgio di cui si parla è Giorgio De Gaspari. Ovvero un illustratore di primissimo piano, che operava nella redazione del Corriere della Sera e della Domenica del Corriere assieme a grandi come Walter Molino, Hugo Pratt, Aldo Di Gennaro, Rinaldo Dami. Giorgio, che al Corriere era strapagato e lavorava anche per la Fleetway publications di Londra, a partire dal 1970 fugge dall’ambiente milanese e si isola, lontano dal mondo, nella laguna veneta.

«Per due anni, dal 2012 (anno in cui è morto) al 2014», racconta Giovanni, «sono andato alla ricerca nelle case dei pescatori e della gente del posto per scovare sue opere assieme ai ricordi di chi lo aveva conosciuto, una ricerca che sta ancora continuando». Sì, perché De Gaspari pagava il pane e il latte con disegni e dipinti che oggi valgono decine di migliaia di euro. E lavorava in una palafitta che si può scorgere ancora oggi, in mezzo alla laguna. Per la gente del posto era “Giorgio Foresto”. Giorgio, quello che viene da fuori. E proprio GIORGIO FORESTO le opere segrete di Giorgio De Gaspari si intitola il catalogo che Scarpa ha realizzato nel 2014 per i tipi della libreria editrice “Il Leggio” di Chioggia (www.leggioeditrice.it), che presenta, oltre ad alcuni approfondimenti biografici, circa trenta opere inedite.

Lo studente ci regala un altro ricordo: «Nell’agosto del 2006 finimmo di ristrutturare la casa e mia madre volle invitare Giorgio da noi per chiedergli di dipingere qualcosa sulla parete della cucina. Quella mattina, quando si presentò a casa nostra, c’eravamo solo io e mia madre, e mentre lei continuava a preparare il pranzo, fece sedere il Foresto proprio di fronte alla parete nuova. Io osservavo la scena in disparte. Giorgio fissava lo spazio bianco davanti a lui, perso nei suoi pensieri, mentre mia madre cominciava a parlare. Gli spiegava che avrebbe tanto voluto un tramonto dipinto, con queste cose e quest’altre, ma il Foresto pareva non ascoltarla, pareva sognare quasi, con gli occhi fissi al muro, immobile. Mia madre continuava spiegandogli le sue paure: “Ho un po’ di paura, però, che gli odori e i fumi della cucina rovinino la pittura…”. Solo a queste parole, per una singolare incomprensione Giorgio parve ridestarsi. Si voltò rapidamente verso di lei e disse: “Cioè, lei vorrebbe che io disegnassi gli odori della cucina?”. I suoi occhi parevano brillare di stupore. Penso fosse meravigliato dal fatto che mia madre avesse chiesto una cosa così inusuale, così paradossale. Nel suo cervello miliardi di connessioni nervose elaboravano sinestesie cromatiche e olfattive, provavano a dar vita ad un dipinto nuovo e spettacolare che pareva esaltarlo. Turbata mia madre rispose in fretta: “No, no. Io vorrei un tramonto…”. Giorgio si alzò un po’ deluso e se ne andò dicendo: “Allora niente!”»

L’episodio è rivelatore. Tutte le opere di De Gaspari nascono da uno sguardo senza preconcetti alla realtà che lo porta a intuire, a svelare significati e presenze prima nascosti. La pietà popolare, che a parole disprezza, lo ispira molto da questo punto di vista. È il caso delle sue personalissime Madonne, come la “Madonna in jeans” (foto a lato), con il bambino Gesù in braccio, seduta su una bricola, la struttura di pali di legno che indica le vie d’acqua nella laguna. Nulla di irriguardoso o caricaturale, semplicemente sono elementi della vita di ogni giorno dei pescatori che entrano a comporre una scena sacra e insieme feriale. Singolare anche la Madonna Sirena. Solo un pittore eclettico e geniale come Giorgio poteva trasformare l’elemento letterario dell’inganno e della morte nella delicata immagine della salvezza. E cosa dire della straordinaria Epifania ambientata a Venezia? In un trionfo cromatico, vediamo i cammelli passeggiare per i ponti e stravolgere la quotidianità (come in Caravaggio), perché Gesù non può essere che presente. Dedicato ai milanesi invece il fittissimo disegno in penna biro blu su un foglio strappato da un notes. Mentre un angioletto-putto indica una bella bicicletta al centro del disegno, un mostro spunta da sotto la macchina in primo piano, mentre prende vita una pila di auto dallo sguardo cattivo. Una via di salvezza? Prendere una bici.

Opere di una freschezza assoluta, che ci parlano di un artista capace di guardare al mondo con gli occhi e la fantasia di un bambino. Era nota ad esempio la sua totale estraneità ai soldi. Un suo amico voleva metterlo in contatto con un grande collezionista americano, che avrebbe portato l’artista negli Usa pagando milioni per le sue opere. La risposta di Giorgio fu lapidaria: «Promettimi che non me lo farai mai conoscere». E nel suo appartamento di Brera dai mobili dipinti, dove viveva negli anni Sessanta con la moglie Frances, per un periodo tenne in salotto un enorme cacatua bianco, che dominava gli spazi con i suoi cinquanta centimetri di altezza mentre cercava di rubare il pranzo agli invitati. Per non parlare poi della capra che, sempre durante il periodo di collaborazione con la Domenica del Corriere, Giorgio teneva in casa e portava a passeggio per le strade di Brera. Non si faceva problemi a portarla al guinzaglio sin dentro gli uffici della Mondadori sulla cui moquette nuova sembra aver lasciato pure qualche sgradevole ricordo.

Eugenio Andreatta

 

Galleria: il singolare atelier e le opere di Giorgio De Gaspari citate nell’editoriale di centriculturali.org