DA UNA CRISI NON SI ESCE UGUALI A PRIMA: SI ESCE O MIGLIORI O PEGGIORI

Dopo 15 anni di guerra civile fratricida e 30 anni di tentativi di ricostruzione inconcludenti, il Libano
è sull’orlo della fame. Messo in ginocchio dalla seconda inflazione al mondo, l’esplosione al porto
di Beirut l’anno scorso ha lasciato oltre 200 morti sul campo e 300 mila senzatetto. Lottare contro
la pandemia – oltre 4.000 nuovi casi per 6 milioni di abitanti – è diventato proibitivo, soprattutto da
quando centinaia di medici e infermieri hanno lasciato il Paese per cercare un futuro all’estero,
insieme ad altre decine di migliaia di connazionali.
Il Libano non è solo una rovina. È il Paese tradizionalmente cristiano del Medio Oriente. Ed è tra
alcune famiglie cristiane che sopravvive la speranza di una rinascita, per sé e per i propri figli,
mentre tutto dice il contrario. In una situazione che non ricordano nemmeno durante gli anni più bui
della guerra civile, essi rimangono, raccogliendo le proprie forze e la generosità di quanto giunge
dall’estero per aiutarsi reciprocamente.
Alcuni amici cristiani ci hanno contattato, chiedendoci di condividere con noi la loro storia e la loro
quotidianità, perché – ci hanno detto – siamo una cosa sola. E noi, in cambio, desideriamo imparare
da loro cosa significa costruire in quelle circostanze – che senso ha educare.
Li incontreremo il 1 marzo alle h. 21.00. Per chi vorrà, sarà anche l’occasione di un gesto di carità
nei confronti delle famiglie che essi aiutano personalmente. È già possibile donare ora:
https://www.orizzonti.org/emergenza-libano-e-attiva-la-campagna-donazioni/