moebius_harzakc_heavy-metal-v1n4-july1977-p46di Giovanni Scarpa. “Tutti gli oggetti allungati, come bastoni, tronchi d’albero e ombrelli (il cui aprirsi può paragonarsi all’erezione) possono rappresentare l’organo maschile, e così anche armi acute, come coltelli, pugnali e picche” (Freud)

Non trarrò conclusioni affrettate, promesso. Non terminerò questo breve scritto asserendo che il cappello allungato di Arzach è un chiarissimo emblema del fallo, che il suo pterodelfo è la sublimazione animale della virilità maschile o l’articolazione meccanica compensativa di una infertilità taciuta. O cose del genere, insomma. Il punto, nei meravigliosi racconti per immagini che sanciscono la nascita di questo “antieroe”, è che il fallo, inteso come realtà oggettuale, come mera rappresentazione grafica, esercita un suo proprio e potente centro gravitazionale.

Ora, se dopo aver letto questo paragrafo vi state chiedendo chi è Arzach, se non avete la più pallida idea di che cosa sia uno pterodelfo, avrò raggiunto almeno un certo obiettivo personale invitandovi a rifuggire cotanta ignoranza. Leggere, ma soprattutto guardare, i fumetti di Moebius è dovere civico che compete al folle artista così come all’impiegato meticoloso, all’erudito bibliofilo così come al cannato nazi-vegano.

moebius-harzak1Ad ogni modo, c’è sempre un certo grado di piacere (tiresiano?) nel parlare di peni e vagine: uno pseudo-godimento da rivista settimanale, da Cosmipolitan, Cioè, Donna Moderna. Perciò, chi non legge per conoscenza del suddetto Arzach, leggerà almeno per quella del pene (che da ora in avanti chiameremo P). Dovrà però sapere, prima di iniziare questo breve excursus paratestuale, che nelle sue avventure, l’autore ha voluto cambiare spesso il nome del suo personaggio (nome ironico che gli proviene dalla concrezione di Les Art Appliqué): chiamandolo ora Harzack, ora Harzac, Harzakc o Arzach, Arrzak o Harzak, in una simpatica schizofrenia formale che sembra stabilizzarsi e consolidarsi soltanto nell’ultima avventura, in Arzak.

Ma torniamo a parlare del P.

moebius-arzak4Nella prima avventura dal titolo Arzach comparsa nel primo numero della rivista Metal Hurlant, il Nostro, improvvisatosi voyeur, non esita ad uccidere un temibile guardiano per accaparrarsi le brame di una, ahimè orribile, dama della torre. Anche se il P esplicitamente non compare, soggiace all’intero racconto impregnato di una sessualità autocritica e disillusa.

moebius-harzak5È nella seconda avventura dal titolo Harzak, invece, che già nella quinta tavola P compare imponente: è il membrone di un mostro che il Nostro non mancherà di uccidere per una sosta sicura. La terza avventura, Arzak, ci offre la visione dei misteriosi e sin troppo nudi “uomini verdognoli”, mentre la quarta dal titolo Harzakc ci ripropone un voyeur professionista che si muove tra seni e ruzzoloni. La quinta avventura dal titolo Harzack è infine un divertente affondo nelle conseguenze della “minzione tossica” del nostro eroe. Certo tutto l’ambiente anticonformista della rivista Metal Hurlant pullula di sconcerie paradossali e plateali, si dipana in territori semantici lussuriosi, ma è Arzach senza ombra di dubbio l’uomo fallico, il donnaiolo spudorato che ne fa da padrone, che si ritrova ad essere il cowboy di questo far-west pornografico (in cui persino l’erba assassina disseminata nelle immense verdi praterie, pare assurgere ad emblema erotico). Soltanto nell’ultima avventura, più articolata e sobria (Arzak, l’ispettore), comparsa poco tempo prima della scomparsa dell’autore, Arzach sembra sfoggiare una sin troppo curata galanteria, che sfocia in un inimmaginabile e però necessario rifiuto alle avance della bella Egland!

arzachcp8È lo stesso Moebius a suggerire nel che “Il punto non è la sessualità ma la complessità del pensiero”, a ricordare che il tentativo è quello di “esprimere il livello della conoscenza più profonda, al margine dell’incoscienza”. E tuttavia, o forse proprio per questo, la sua arte tradisce un fallocentrismo ironico, marcato e diffuso, un fascino irrequieto per la sessualità che non a caso ricorda a Enrico Fornaroli un “medioevo futuro” memore dei pornografici trabocchetti boccacceschi. Le sue splash-page distruggono ed esaltano la grammatica del fumetto lasciandosi trasportare dalle potenze sud-ombelicali: sono pagine di una percettibile forza tribale, di una smaliziata complicità che svela all’osservatore l’evidenza carnale e sibaritica del topos eros-thanatos.

Forse aveva ragione Freud, forse Arzach si affaccia senza timore al baratro dell’inconscio, forse questa è, come proponeva Antonio Iannotta, “una sorta di teoria a fumetti della psicanalisi”. Forse i sogni proibiti di Moebius sono la realtà di questo strano ptero-guerriero, forse quel pozzo profondo e scuro che è la nostra mente ha una forma conosciuta, una morfologia pubica.