A day in the jungle. Baruffi e l’impossibile surrealismo

baruffi (5)Si parlerà mai di un terzo surrealismo, dopo quello di Breton e poi di Bataille? Pensiamo proprio di no, anche se speriamo solo di sbagliarci.

Per varie ragioni, non ultimo il fatto che, contrariamente a quello che si predicava sulle barricate del Sessantotto, il potere non ha nessuna intenzione di concedersi all’immaginazione. Tutto lo spazio possibile invece all’imitazione di essa (è il kitsch). Per questo un terzo surrealismo è per lo meno arduo da immaginare, quasi come la terza età di Gioachino da Fiore. Dipende soprattutto da come verrà trattato quel che si chiama il “sintomo”, un tempo il forziere del nevrotico, che artisti e scrittori saccheggiavano con passione.

La Sainte vierge di Picabia è sintomo. L’Elephant fording a river di Bacon è sintomo. La fattoria degli animali di Orwell è sintomo, anche se un po’ compromesso con l’allegoria.

baruffi (4)Gli animali di Baruffi non conoscono possibili alterità, tanto sembrano preannunciare e testimoniare l’avvento di questa inimmaginabile terza età di cui si parlava.

Terza età come ultima metamorfosi (animalesca) dell’honnête homme?

Baruffi in verità si fa da parte, sceglie il ruolo di Cicerone del dramma in cui guida. Nella sua straniata città le mucche ruminano assimilatissime all’ambiente, i pavoni si offrono come dive cinematografiche, cavalli sui tetti-giardini dei grattacieli assaggiano erbe come fossero drink.

L’operazione allora è quella di farci accettare con assoluta normalità tale incubo, che nulla ha da spartire con le associazioni dell’inconscio e sembra invece propagandare un che di avvenuto: l’identità di uomo e animale.

baruffi (2)Dal suo osservatorio newyorkese Baruffi ci offre le istantanee di una poetica che, senza azzardare alcun ribellismo o demistificazione, è de facto e de jure, tutta politica. Non fosse per il fatto che l’artista si concede il lusso di osservare - come il tirocinante fa nelle sale dove si amministra la giustizia - quel che la polis delle polis offre all’immaginario. Immagini oniriche o prese casualmente da un cellulare?

baruffi (3)Le tartarughe, meglio delle oche celebrate da favole e fumetti, attraversano i passaggi pedonali con quacquera e orgogliosa compunzione: e non uno strombettio osa far loro fretta. Insomma: l’ideale di cui si è detto si è fatto storia.

Una società serena, senza conflitti è davanti a noi e noi la osserviamo senza scandalo, quasi ogni ribellione fosse impossibile. Questa è l’angoscia che tale pittura trasmette. L’animale come derridiano ideale, l’istinto (!) di sottomissione reso virtù civica.

baruffi (1)Baruffi ce lo dice come meglio non si può, con questi teleri che usano lo straniamento come variazione di un’assurda posa fotografica. Un mondo che pochi decenni fa sarebbe stato solo fumetto, ora è realtà. Lo cogliamo senza sforzo, si diceva: non ci resta che aggiungere a tale lettura il pensiero che un piccolo resto psichico questo zoo poco fantastico ancora riesca a proporre. Un resto di totemismo, che induce alla speranza per un dramma individuale e collettivo che osi nominarsi. Quel dramma che Bacon si era concesso di sorprendere nelle metamorfosi dei suoi personaggi, chiusi come cavie in un calvario di deformazione.

Francis Bacon - Elephant Fording a River (1952)
Francis Bacon - Elephant Fording a River (1952)

Già: una vicenda ancora simbolica, quella di Bacon. Il suo celebre Elefante, come si è detto, è figura sovradeterminata quanto al significato: Bacon lo scopre, senza pregiudizi scientifici, in quelle stesse pianure che furono percorse da antropologi senza troppa inventiva. Bacon onorava poeticamente qualcosa in cui è possibile riconoscere il simbolismo paterno.

In tanta serenità, come quella generata di Baruffi, è ancora possibile il Parricidio? O tutto si è consumato senza resto? È questa l'alba di un nuovo surrealismo, la pacificatapaix[1] favola di un fissato inconscio, come Picasso nella Paix aveva colto?

 

 

 

Andrea Baruffi, A day in the jungle.
Galleria Forni, Bologna
24 ottobre-1 dicembre 2015

(Mario Cancelli)


Addio a Carlo Porciani, promotore e innovatore dell’illustrazione italiana

Porciani Giovanni ScarpaGiovanni Scarpa, studente della facoltà di Lettere dell’Università di Padova, cultore della storia dell’illustrazione contemporanea e autore di “Giorgio Foresto - Le opere segrete di Giorgio De Gaspari”, ci propone un ricordo di Carlo Porciani, pioniere dell’illustrazione italiana, cofondatore del mitico “Studio Dami”, che ci ha lasciato in questi giorni. Nella foto a fianco: Porciani con Giovanni Scarpa nella casa toscana dell’artista.

 

Porciani giovaneSi è spento pochi giorni fa (il 4 novembre 2015), Carlo Porciani, dopo una lunga e taciuta malattia.

Grande promotore e innovatore dell’illustrazione italiana è ormai dai più ingiustamente dimenticato.

Dopo aver lavorato nel 1956 al personaggio Davy Crockett, nell’industriosa Milano del 1958, assieme ai fratelli Rinaldo e Pietro Dami, collaborò alla fondazione delle rivoluzionarie Produzioni Editoriali Dami, che esportando in Europa i migliori autori del fumetto italiano, fecero di lui uno stimato editore (oltre che fumettista) e uno dei più importanti promotori dell’illustrazione moderna.

Porciani Studio DamiNegli anni in cui la televisione mostrava i suoi programmi in bianco e nero, questa grande-piccola officina, che i più chiamavano semplicemente “Studio Dami”, spandeva nelle librerie i più raffinati e innovativi libri illustrati (dinosauri, enciclopedie, fumetti…) che per la prima volta guardavano con vorace curiosità al panorama americano e londinese (western, fumetti di guerra, collaborazioni con la Fleetway Publications...) Attorno a questo nuovo focolare artistico che Giorgio Trevisan ricorda come “un posto un po’ dimesso, ma che a me sembrava il Paradiso”, si riunirono grandi Porciani Rodeocome Giorgio De Gaspari, Hugo Pratt, Mario Uggeri, Dino Battaglia, si formarono maestri come Aldo Di Gennaro.

Nelle stanze in Corso Italia, a metà tra un grande studio collettivo (i tavoli di lavoro stavano uno accanto all’altro in una grande stanza comune) e una biblioteca (molti illustratori si recavano nello “Studio” alla ricerca di informazioni utili per disegnare indiani, aeroplani d’epoca…), se ne videro davvero di tutti i colori. Tra scherzi e lavoro, qualcuno dava da mangiare al Cacatua bianco che svolazzava tra i tavoli, qualcun altro cercava di badare alla scimmietta, vera, che il De Gaspari aveva regalato ad uno dei soci.

Porciani Kolosso2Molte ancora le storie che qualcuno si prenderà la briga di raccogliere dalla viva voce di Di Gennaro, Festino, Orlandi; storie ancora nascoste nelle nebbie del ricordo, ma che, con una piccola spolverata, sapranno mostrare il loro splendore, il loro brio artistico. Un primo contributo è certo il prezioso articolo del Frisenda “Lo Studio Dami di Rinaldo ‘Roy’ Dami - Una fucina di autori” (link )

Porciani EgiziCarlo, giovane barbuto e intraprendente, minuto ma prestante, finì per posare per il pittore Cracupino che doveva illustrare nella rivista “Epoca” alcune scene storiche. Posò come nobile egiziano e da allora, per tutti gli anni ‘60 e ‘70, i diversi illustratori non poterono far altro che disegnare egiziani dal profilo alla Porciani.

Nel ’64, assieme a Mario Faustinelli e altri grandi fumettisti, diede vita all’inarrestabile Kolosso, “nipote di Ercole e di Maciste”, personaggio che guardava certo con lungimiranza alla wellness contemporanea e anticipava interpreti a lui più vicini come il bonario e brutale Bud Spencer o il palestratissimo Arnold Schwarzenegger.

Porciani Kolosso3La storia di Carlo si perde poi tra collaborazioni editoriali, piccole produzioni e una grande passione per il collezionismo. Fu fervente e importante estimatore delle opere del De Gaspari nonché uno dei suoi più cari amici. Finì per condurre una vita solitaria, immerso nello studio, felicemente sommerso dai libri nella sua casa in Toscana.

In attesa di altre più copiose e meritate rimembranze, auguriamo a Carlo un buon felice ritrovo con gli altri grandi “gentiluomini di fortuna”.

(Giovanni Scarpa)


Sabato 7 novembre a Padova si inaugura la personale di Cleofe Ferrari

Cleofe Ferrari Punta della Dogana con SalutePer iniziativa dell’atelier d’arte contemporanea Maison d’Art di Carla d’Aquino, a Padova torna una rassegna di opere pittoriche dell’artista Cleofe Ferrari. L’artista presenta il frutto del lavoro di questi anni, che ha maturato in un progressivo percorso svolto nell’alveo della associazione Di.Segno, di cui Cleofe Ferrari è presidente, sotto la guida del maestro Alfredo Truttero, scomparso prematuramente quest’anno.

Nel corso degli anni l’Associazione di.Segno ha sviluppato una attività laboratoriale, una sorta di work in progress, dal titolo: Disegno: esperienza e metodo, sotto la guida di Truttero. Questo ambito è stato per Cleofe il luogo costante della verifica del proprio lavoro, di cui oggi presenta il frutto.

Siamo lieti di invitarvi alla mostra

L’INCANTO DEL REALE NEI DIPINTI
DELL’ARTISTA CLEOFE FERRARI

sabato 7 novembre 2015 alle ore 17.30
Circolo Unificato dell’Esercito di Padova
Palazzo Zacco, prato della Valle, 82

INAUGURAZIONE

Presentazione e critica di Carla d’Aquino

Intervento del coordinatore nazionale della Maison d’Art di Padova Andrea Petralia

La mostra rimarrà aperta fino al 17 novembre.

Alba Santa Giustina FerrariCleofe Ferrari nasce a Carpi (Mo). Dopo aver svolto gli studi su stilismo di moda a Reggio Emilia, svolge fino al 2008 attività di libera professione che si amplia dal 1990 all’intervento nella progettazione di interni. Nel 1982 consegue la laurea in Psicologia all’Università di Padova. Nel 2008 consegue il diploma del Master in Architettura, arti e liturgia promosso dalla Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa. Dal 2002 aderisce all’Associazione di artisti “Il Baglio” e dallo stesso anno partecipa regolarmente alle attività di disegno promosse dall’Associazione “Di.Segno” di Padova, di cui dal 2006 è presidente. Nel 2005 partecipa alla Mostra “La casa del Dio vicino” allestita nel corso dei lavori del Sinodo dei Vescovi a Roma. Nel 2007 partecipa alla Mostra di arte sacra “Sinfonia dello spazio liturgico” a Padova. Dipinge nella tecnica dell’acquerello, gessetto, encausto.

«Per Cleofe Ferrari», scrive Emanuela Centis, architetto e docente di Storia dell’Arte, «le immagini che nascono dall’impressione dell’incontro con la realtà si fanno segno espressivo carico di quella esperienza, ridonata e resa perennemente viva attraverso l’opera». L’artista emiliana segue in questo percorso il suggerimento del pittore americano William Congdon: “L’artista coglie - e allo stesso tempo viene colto da – l’immagine di sé nelle cose e delle cose in sé; immagine perciò della comunione fra sé e le cose, in cui, in qualche modo, l’artista è le cose e le cose sono lui. L’artista trasforma l’apparenza materialistica delle cose, le trasfigura in immagine, o segno, di vita nuova. Il gesto dell’artista è un lasciarsi trascinare in un seguire, un obbedire”.

«Per me dipingere è amare e abbracciare la realtà che mi circonda e mi accade», scrive la stessa Ferrari, «fissarne una traccia che diventi eterna, perché ogni volta che la guardi riaccada un incontro: una emozione, una esperienza. La realtà data è il dono più grande, e quell’attimo di luce è altrettanto dono. Il gesto veloce del momento creativo è dettato da una emozione, ma non si esaurisce in una sensazione percettiva; esso viene posto a servizio della realtà: io incontro la realtà e la realtà incontra me: quando la realtà incontra anche te che guardi, allora l’opera è riuscita».

Cleofe Ferrari Bacino di San Marco alba«Anni fa, camminando per Venezia», prosegue Cleofe Ferrari, «e disegnando en plein air la facciata della basilica di Santa Maria della Salute e di San Marco, e poi ad Assisi le basiliche di Santa Maria degli Angeli e San Francesco, ho intrapreso questa avventura che mi ha portato qui oggi. L’occasione di ogni mostra è un momento importante: per mettermi umilmente a confronto con il pubblico e ridonare a tutti nell’incontro ciò che è accaduto a me».

«Ritornando quest’anno a Venezia», conclude Emanuela Centis, «Cleofe ha scelto di ampliare lo spazio della sua espressione rispetto al consueto ritaglio di inquadratura, mostrandoci la visione che il suo occhio ha abbracciato in quel momento ed in quella situazione. Nelle tele veneziane, due vedute del bacino di Bacino di San Marco, il tema è l’insieme della acqua e dei suoi riflessi e le quinte architettoniche che fanno di Venezia la Regina del mare. Questa regalità di Venezia traspare splendida e maestosa nelle pennellate dell’artista, sempre gestuali (cifra del suo stile) nell’annotazione dei svariati particolari atmosferici, naturali, architettonici, ma organicamente compaginate nel rendere la vita che palpita qui in modo unico».


Lo stato per tutti, Dio per ciascuno: la minoranza cristiana in Siria

Siria1[1]Giovedì 5 novembre 2015 dalle ore 16.30 alle ore 18.00 nell’Aula Brunetta, via del Santo, 26 - Padova, all’interno del corso di Storia dei Paesi Islamici del corso di laurea triennale in Storia, la professoressa Leila El Houssi ospiterà il primo di un ciclo di incontri sulla questione “Minoranze religiose nel Nord Africa e Medio Oriente”. La conferenza sarà tenuta dalla dottoressa Benedetta Panchetti dell’Università di Venezia, e avrà come titolo “Lo stato per tutti, Dio per ciascuno: la minoranza cristiana in Siria”.

Benedetta Panchetti frequenta il dottorato di ricerca presso l’università Ca’ Foscari di Venezia e la Fondazione Generale Studium Marcianum. Il tema di ricerca è l’istituto del matrimonio negli statuti personali delle minoranze in Libano. In precedenza ha conseguito il Master in studi diplomatici alla Società italiana per l’organizzazione internazionale. Si è laureata in Scienze politiche all’Università di Firenze e successivamente ha conseguito anche la laurea Specialistica in Relazioni Internazionali, con tesi dal titolo “Una storia di accoglienza: le Chiese cristiane in Siria”. Votazione: 110/110 lode e menzione di tesi di ricerca. È stata Visiting student all’Università Saint Joseph di Beirut e l’Università Saint Esprit de Kaslik di Jounieh (Libano). In precedenza aveva svolto attività di ricerca nella Repubblica araba di Siria. Ha pubblicato Lo stato per tutti, Dio per ciascuno: la minoranza cristiana nella Siria contemporanea, in Quaderni del forum per i problemi della pace e della guerra, numero 3/2011, pag.131-185, Firenze University Press, Firenze.


Due visite guidate alle mostre “Giotto, l’Italia” e “William Congdon, Pianure”

amate-sponde-giotto-litalia-1748x984[1]L’associazione culturale Antonio Rosmini, in collaborazione con l’associazione culturale di-Segno (www.di-segno.it), propone nelle prossime settimane due visite guidate a Milano:

  • domenica 20 dicembre 2015, visita alla mostra Giotto, l’Italia (mostragiottoitalia.it) a Palazzo Reale.
  • domenica 24 gennaio 2016, visita alla mostra William Congdon, Pianura (casatestori.it), allestita a Casa Testori, Novate Milanese, con la presenza del curatore Davide Dall’Ombra.

Per informazioni info@rosminipadova.it.

Giotto, l’Italia è il grande evento espositivo che concluderà il semestre di Expo 2015, a Palazzo Reale di Milano.

La mostra, posta sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dal Comune di Milano – Cultura, con il patrocinio della Regione Lombardia, è prodotta e organizzata da Palazzo Reale e dalla casa editrice Electa. Il progetto scientifico è di Pietro Petraroia (Éupolis Lombardia) e Serena Romano (Università di Losanna) che sono anche i curatori dell’esposizione.

Giotto, l’Italia resterà aperta al pubblico dal 2 settembre 2015 al 10 gennaio 2016. La mostra, con allestimento di Mario Bellini, ha un motivo particolare per essere realizzata a Palazzo Reale: esso infatti ancora ingloba strutture del palazzo di Azzone Visconti, ove, negli ultimi anni della sua vita, Giotto venne a realizzare due cicli di dipinti murali, oggi perduti.

La grande mostra del autunno/inverno a Casa Testori è dedicata al pittore William Congdon (1912-1998): artista internazionale dell’Action Painting amato da Giovanni Testori che, dalla New York degli amici Jackson Pollock e Mark Rothko, dopo aver viaggiato in tutto il mondo, decide di radicarsi a sud di Milano e dedicare la sua ultima produzione al ritratto intimo di campi coltivati, risaie e frutti della terra lombarda.

La mostra, realizzata in collaborazione con The William Congdon Foundation, punta a indagare il ventennio lombardo del maestro americano. I circa 50 dipinti e i 20 pastelli selezionati descrivono, infatti, una parabola di conoscenza sempre più intima e profonda del sud-ovest milanese, che costituisce l’apice del suo percorso.

 


Sperando contro ogni speranza, il 3 dicembre incontro sui martiri di oggi

cristiani-1Martedì 3 dicembre, ore 21.00 (sala da definire) l’Associazione culturale Antonio Rosmini propone

SPERANDO CONTRO OGNI SPERANZA

Martiri cristiani del ventunesimo secolo

Incontro-testimonianza con GIORGIO PAOLUCCI

editorialista di Avvenire e scrittore

Paolucci presenterà alcuni docuvideo girati in Medio Oriente, particolarmente in Siria e nei territori curdi di Siria, Iraq e Turchia. Un’occasione per restare ‘incollati’ alle vicende dolorose dei nostri fratelli ed anche per rispondere agli appelli dei loro pastori che chiedono a gran voce di fare di tutto perché non scompaia la millenaria presenza cristiana da quei luoghi martoriati dalle scorribande sanguinose dei jahadisti dell’Isis.


Il Sinodo visto da vicino. Incontro il 10 novembre a Padova

image[1]«Mentre seguivo i lavori del Sinodo, mi sono chiesto: che cosa significherà per la Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia?» A porsi questa domanda è stato papa Francesco lo scorso 24 ottobre, nello straordinario discorso conclusivo dei lavori della XIV assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi.

Un discorso tutto da leggere, per comprendere le novità di un’assemblea che certamente «non ha concluso tutti i temi inerenti la famiglia, ma ha cercato di illuminarli con la luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenaria della Chiesa, infondendo in essi la gioia della speranza senza cadere nella facile ripetizione di ciò che è indiscutibile o già detto».

Per approfondire i contenuti di questo grande momento di dialogo e di confronto (svolto «purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli», osserva il papa nel medesimo discorso), l’Associazione culturale Antonio Rosmini propone un incontro

Locandina_Sinodo_Famiglia_rev6Martedì 10 novembre 2015 alle 21.00

nella Sala del Redentore, corso Vittorio Emanuele 174

IL SINODO VISTO DA VICINO
La bellezza della famiglia e le sfide del tempo presente

Relatore

Giacomo BERTOLINI

esperto e coadiutore del Segretario speciale del Sinodo dei vescovi e docente di diritto canonico all’Università di Padova

Introduce

Andrea PIN

docente di Diritto pubblico comparato all’Università di Padova.

Laureato in Giurisprudenza all’Università di Pisa nel 2000, Giacomo Bertolini nel 2002 consegue la “Licentia in Iure Canonico” e l’anno successivo il dottorato all’Angelicum di Roma. Dal 2003/04 al 2006/07 è Professore incaricato di Diritto canonico e di Diritto civile nella stessa università. Nel 2004 consegue l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato presso la Corte di Appello di Genova e dal 2006 è avvocato del Tribunale apostolico della Rota romana. Nello stesso anno l’Università di Urbino gli conferisce il titolo di Dottore di ricerca in Scienze canonistiche. Dal 2005 è ricercatore di Diritto Canonico ed Ecclesiastico assunto in ruolo alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova. Dall’anno accademico 2007/08 è Professore aggregato di Istituzioni di Diritto Canonico alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Udine. Poi dall’anno accademico 2012/2013 è Professore aggregato di Diritto Ecclesiastico alla Scuola giuridica dell’Università di Padova - sede distaccata di Treviso. Ha pubblicato numerosi saggi e articoli. Nell’ottobre 2015 ha partecipato in qualità di esperto e coadiutore del Segretario speciale al Sinodo dei vescovi sulla famiglia.