cherubini ai ServiSiamo lieti di segnalare due occasioni per ascoltare un capolavoro: il Requiem in do minore di Luigi Cherubini, per coro e orchestra, eseguito dal Coro Grande del Concentus Musicus Patavinus diretto da Antonio Bortolami, con la partecipazione del Coro Città di Padova (diretto da Dino Zambello) e del Coro Polifonico di Piove di Sacco (direttore Raffaele Biasin), con l’Orchestra del Concentus Musicus Patavinus diretta da Mauro Roveri.

martedì 17 giugno, ore 21.00
Chiesa Santa Maria dei Servi, Padova

sabato 21 giugno, ore 21.00
Duomo di Piove di Sacco (PD)

Entrambi i concerti sono ad ingresso libero.

I link dei due eventi su Facebook:

Padova https://www.facebook.com/events/686701121395399/?ref_dashboard_filter=upcoming

Piove di Sacco https://www.facebook.com/events/302993219864488/?ref_dashboard_filter=upcoming

Il Requiem in do minore per coro misto e orchestra è stato composto nel 1815 a Parigi ed eseguito per la prima volta nella cattedrale di Saint-Denis il 21 gennaio 1816, per ricordare il ventitreesimo anniversario della morte per decapitazione del re Luigi XVI a seguito dello scoppio della Rivoluzione francese. Fra i molti, è stato apprezzato e lodato da compositori quali Beethoven, Brahms e Schumann.

In Francia per più di 50 anni un’altra era stata la messa da requiem più eseguita e in un certo qual modo quella ufficiale: la “Grande messe des morts” di François-Joseph Gossec, improntata ad uno stile alto, accademico e, in certi suoi punti, quasi marziale. Il Requiem di Cherubini invece se ne discosta in modo molto drastico, evitando l’usuale alternanza fra momenti corali e solistici (essendo il suo requiem privo del quartetto vocale a solo) e spogliando la tecnica coristica di ogni accenno compositivamente virtuosistico, se si eccettua la fuga a tre voci compresa nell’Offertorio. Ciò dovuto principalmente alla formazione dello stesso Cherubini che aveva imparato molto dalla tecnica palestriniana durante il suo apprendistato presso Padre Martini.

La parte orchestrale è invece di “impressionante modernità”, caratterizzata sia da tratti di inestimabile dolcezza sia da parti di vigorosa sonorità (si veda ad esempio il Dies Irae), che tanto influenzeranno la musica di Hector Berlioz, pur mantenendo dei collegamenti con la precedente storia della musica (si vedano i colori cupi dell’ Introito, caratterizzati dal suono di viole, violoncelli, contrabbassi e fagotti, con l’esclusione dei violini).