old statutoL’Associazione Rosmini compie trent’anni. Il 22 febbraio 1984 infatti alcuni studenti universitari – Paolo Tranquillini, Damiano Fincato, Michela Zancanaro, Michela Pasqual, Antonio Zotta, Eugenio Andreatta, Fiorella Freguja, Nicola Boscoletto, Vincenzo Contri, Gianfranco Vianello – depositarono presso il notaio Antonio Cassano di Padova l’atto costitutivo e lo statuto dell’associazione (nella foto).

Curiosamente, il giorno prima, il 21 febbraio 1984, vedeva la luce l’attuale presidente dell’Associazione, Samir Suweis: una carica scritta nel destino?

In trent’anni la Rosmini è stata una presenza costante in università e in città. Tra le iniziative più significative ricordiamo l’Happening dei giovani negli anni Ottanta e soprattutto i Convegni sull’attualità di sant’Agostino negli anni Novanta, un patrimonio di intelligenza della realtà che noi stessi dobbiamo ancora riscoprire e che mostra anche in questi giorni tutta la sua attualità in termini di comprensione del tempo presente.

Quindi trent’anni non per celebrare ma per riandare alle radici, e a questo scopo proponiamo un bellissimo passo di una delle ultime lezioni di don Giacomo Tantardini nell’aula magna dell’università, martedì 29 gennaio 2008, in cui riconosciamo anche il compito della nostra associazione.

«Quo vobis adhuc et adhuc ambulare vias difficiles et laboriosas? / A che vi serve camminare ancora e ancora per vie difficili e faticose? / Non est requies, ubi quaeritis eam. / Non c’è riposo dove cercate riposo. / Quaerite quod quaeritis, sed ibi non est, ubi quaeritis. / Cercate pure quello che cercate, ma non è lì dove cercate. / Beatam vitam quaeritis in regione mortis; non est illic. / Cercate la felicità in una terra di morte, ma non è lì. / Quomodo enim beata vita, ubi nec vita? / Come ci può essere la vita felice dove non c’è neppure la vita? / Et descendit… / E [Gesù] venne…». E non condanna questa non vita. Non venne per condannare questa non vita. Agostino, in un brano che abbiamo letto l’anno scorso, dice che quando si descrive il deserto della vita non è per condannare il deserto, ma per ringraziare Colui che gratuitamente si è fatto incontro nel deserto.

Non si può accusare di disperazione chi non crede. Non si può accusare. Si descrive il deserto della vita e tutta la poesia è una descrizione del deserto della vita. Il cristiano descrive il deserto della vita per ringraziare Colui che nel deserto della vita si è fatto gratuitamente a lui presente.

Per ringraziare Colui perché nel presente, nell’istante presente, si fa presente. Altrimenti è anche per il cristiano un lontano che si allontana.

«Et descendit huc ipsa vita nostra / E proprio la vita nostra venne qui / et tulit mortem nostram / e ha preso su di sé la nostra morte / et occidit eam de abundantia vitae suae / e ha ucciso la morte con l’abbondanza della sua vita / et tonuit clamans, / e ha gridato / ut redeamus hinc / perché ritorniamo da qui [da questo deserto, da questa non vita] / ad eum / a Lui, / [dove?] in illud secretum, / in quel luogo segreto [in quel punto segreto che da parte nostra è un nulla perché riceve tutto l’essere dal Creatore. Ad eum in illud secretum: le preposizioni ad e in sono importanti per intuire cosa sia l’interiorità per Agostino] / unde processit ad nos / da dove venne a noi [da quel segreto il Creatore venne a noi] / in ipsum primum virginalem uterum, / nel ventre di una vergine», di una donna di nome Maria. Così il cristianesimo abbraccia tutto quello che il cuore, che l’intimo è, e lo abbraccia rendendolo di nuovo felice, soddisfatto, rendendolo di nuovo con evidenza un nulla amato dal Creatore.