Sabato 7 dicembre a Padova concerto di Natale

concerto_di_nataleIl Gruppo studentesco Musicaviva con il finanziamento dell’Esu di Padova propone un Concerto di Natale per voce solista, ensemble di corni, coro e organo con musiche di Rameau, Bach, Händel, Grossi, Schubert, Gounod, Franck, Piazzolla. Il concerto, a ingresso libero, si terrà sabato 7 dicembre alle 21.00 nella Chiesa di Sant’Andrea, nell'omonima via di Padova (a due passi dal Caffè Pedrocchi). Gli esecutori sono il Waldhorn Ensemble diretto da Gabriele Falcioni, Antonietta Assini all’organo, il Coro Nitida Stella di San Zenone degli Ezzelini (TV) diretto da Daniela Padovan e il mezzosoprano Ilaria Verzucoli.


L’Osteria senza oste

copertinaL’Osteria si erge discreta ma visibile sul Col Vetoraz vicino a Valdobbiadene, tra le vigne del celebre Cartizze. Però, via via, perde la sua fisicità, diventa altro: è simbolo del mondo e della vita. L’Oste c’è anche se non si vede, e nel silenzio ripara, laborioso e preciso, ai nostri disordini. L’Osteria senza oste innalza la libertà responsabile al vertice dei valori, trasmettendo l’esigente messaggio che la coscienza non ha bisogno di un guardiano per essere giusta.

 

L’Associazione Culturale Antonio Rosmini e l’Editrice Santi Quaranta

presentano il romanzo

L’OSTERIA SENZA OSTE

di Alberto Raffaelli

giovedì 28 novembre 2013, ore 18.30

Padova, Caffè Pedrocchi - sala ottagonale

Saranno presenti

Samir SUWEIS presidente dell’Associazione culturale Rosmini

Silvio SCANAGATTA ordinario di Sociologia dell’educazione – Università di Padova

Ferruccio MAZZARIOL editore Santi Quaranta

Interverrà l’AUTORE

Il volume (pp. 184 - € 13.00), oltre ad essere disponibile alla presentazione, è in vendita nelle librerie oppure presso l’editore: www.santiquaranta.com - info@santiquaranta.com - tel. 0422.545440

L’opera, colloquiale e acuta, mostra diverse sfaccettature, personaggi dalla caratterizzazione opposta. Ha il procedere del giallo, porta con sé qualcosa di misterioso e di lievemente inquietante; insegue e scoperchia il Male senza infingimenti; intesse una delicata, improvvisa storia d’amore tra Chiara, giovanissima creatura moderna, e Adam, il vivace e simpatico ragazzone brasiliano. Si impongono le figure di Giovani Zanca, integerrimo vice ispettore di Polizia, e della moglie Elena, contraddistinta da una dolce saggezza.

In L’Osteria senza oste si staglia pervasiva una sublime pecora, che fa da buffo filo conduttore a tutto il romanzo; e sullo sfondo risalta, come cornice affettuosa, un rasserenante paesaggio di colline e vigneti, con il Piave che scorre nella sottostante pianura, a conferire familiarità a questa storia sapienziale e piacevole.

Alberto Raffaelli è nato a Rovereto (TN) nel 1959. Si è laureato in filosofia a Venezia ed ha insegnato per alcuni anni in diversi Istituti superiori del Veneto. Ha poi lavorato in varie aziende private. Oggi è preside della Scuola di Ristorazione di Valdobbiadene (TV) dove unisce l’esperienza di insegnante con quella professionale nel settore turistico-ristorativo.


Dialogo sull'educazione a Ca’ Edimar

DSC04362[1]Un notista politico di primo piano come Antonio Polito presenta il suo libro “Contro i papà” a Ca’ Edimar, il villaggio padovano dell’accoglienza. E apre un dialogo appassionato sull’educazione, vera chiave per uscire dalla crisi. Ecco il resoconto pubblicato sul sito internet dell’Associazione Italiana Centri culturali. Nella foto, Polito durante la serata a Ca’ Edimar.

 

Centriculturali.org, domenica 24 novembre, Dialogo sull’educazione a Ca’ Edimar (E. Andreatta)

 

Cosa ci fa in una serata di tardo autunno una delle firme più prestigiose del giornalismo italiano a Ca’ Edimar, il villaggio padovano che accoglie ragazzi che per tante ragioni non possono stare con la famiglia d’origine? «Io sono qui perché ho conosciuto Mario Dupuis», confessa Antonio Polito. Tempo fa si sono ritrovati insieme a una presentazione di “Contro i papà”, il libro di Polito che punta il dito contro i padri che fanno gli amici, i sindacalisti, i complici, i “mammi” dei loro figli. E l’amicizia è scattata subito. I due sono diversissimi. Ma hanno molte cose in comune. Lo stesso impegno su fronti diversi. Mario nell’accogliere e accompagnare quei ragazzi. Antonio, il riformista per antonomasia, nella sua passione per un Paese apparentemente irriformabile.

È partendo da qui, dall’attività di notista politico, che Polito giunge a una conclusione apparentemente strana: alla radice della crisi di oggi non ci sono anzitutto fattori sociali, economici, politici. Ma umani. C’è un’attesa quasi salvifica nei confronti dello stato che in altri paesi non si riscontra. E un senso di deresponsabilizzazione diffuso. Ma non bisogna aspettarsi che sia il sistema a cambiare. «Dobbiamo essere noi i primi a tirarci su le maniche, a risolvere i problemi». Il volontariato ad esempio sembra al massimo un “di più”, un surplus di generosa disponibilità. «Invece non è qualcosa di aggiunto». Se non altro, perché è utopia il solo pensare a un welfare statale per gli anziani nei prossimi decenni. Polito rincara la dose: «Il Sessantotto nel nostro Paese non è mai finito. Disobbedendo ai padri e obbedendo ai figli, abbiamo diminuito i principio di responsabilità, con la complicità delle varie ideologie». Per questo l’educazione è «la prima emergenza nazionale».

«Tu non fai un’analisi, ma attraverso dati e giudizi, esprimi una ricerca, ci spingi a cercare il punto vero della questione». Mario reagisce così alle affermazioni del giornalista, partendo dalla sua esperienza di educatore: «Una delle frasi che più mi ha colpito del tuo libro è quando dici che “fingiamo di fare il loro bene, ma in realtà facciamo il nostro”. La paternità si è smarrita perché essa è il vertice della gratuità nel rapporto, e non c’è gratuità perché è bloccata l’esperienza dell’uomo nello sperimentare che ciò che hai generato non è tuo. Ti è dato per accompagnarlo al suo destino. Senza questo nascono i disastri di quelli che chiami papà.». Polito annuisce, ascolta con attenzione. Poco prima confessava: «Ho presentato il mio libro a centri culturali, comunità, scuole libere. È stata una bellissima sorpresa vedere che nel nostro paese c’è tanta gente che sente come cruciale il tema dell’educazione». Solo ieri dalla prima pagina del Corriere bacchettava Renzi e Grillo, faceva il contropelo al Cavaliere e a Cuperlo. Ora è qui in periferia a imparare da una piccola opera di carità. Ecco cosa significa davvero essere un riformista


Etty Hillesum - Cercando un tetto a Dio

131125 Etty locandinaL’Associazione culturale Rosmini è lieta di segnalare che lunedì 25 novembre 2013 ore 21.00 a Padova, nella sala polivalente Don Bosco di via San Camillo de Lellis, 4 il Gruppo universitario Scenaperta presenta il monologo

 

ETTY HILLESUM Cercando un tetto a Dio

con Angela Demattè

regia Andrea Chiodi

 

Sarà presente l’Autrice, Marina Corradi

Ingresso libero. Info 339-1590882

 

musiche Ferdinando Baroffio, movimenti scenici Marta Ciappina, adattamento teatrale Marina Corradi

Iniziativa finanziata con il contributo dell’Università di Padova sui fondi della Legge 3.8.1985 n. 429

 

La giornalista e scrittrice Marina Corradi ha eseguito la riduzione dei Diari e delle Lettere di Etty Hillesum, interpretandoli in modo estremamente essenziale, senza tralasciare alcun passaggio del percorso umano della protagonista. Il monologo sarà accompagnato da canzoni yiddish cantate dal vivo e da musiche originali composte dal musicista Ferdinando Baroffio «...C’è una umanità sbalordita davanti al suo patibolo, nel diario della ragazza ebrea che sa che il prossimo treno caricherà lei e i suoi genitori. Sappiamo tanto di ciò che accadde ad Auschwitz, ma non avevamo mai letto con questa straziante limpidezza i pensieri degli uomini chiamati dall’“ordine della notte”. Ciò che sbalordisce nell’inferno è però che la Hillesum non sia disperata. E non solo perché, come tutti, di notte guarda gli aerei degli Alleati, pregando che una bomba spezzi i binari, fermi i treni. Ancora cinque giorni prima di partire scrive: «La vita è meravigliosamente buona nella sua inesplicabile profondità». E dal suo treno lancia una cartolina: «Siamo partiti cantando». Negli appunti scarni di una giovane ebrea verso Auschwitz, l’eco cristiana di un sacrificio accettato e offerto. Dal fondo dell’abisso, il mistero di una speranza inaudita».


Benvenuto a casa. A Padova la presentazione del libro di Massimo Camisasca

nagle_vincent[1]La scoperta di essere amato è l’esperienza più importante della vita. Ed è quella che ci rende capaci di amare. Quando si vive la gioia di essere accolti, si diventa capaci di accogliere. È questo il messaggio di “Benvenuto a casa”, il volume di don Massimo Camisasca fondatore della «Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo», attualmente vescovo di Reggio Emila-Guastalla. Il volume sarà presentato

mercoledì 13 novembre 2013, ore 21.00
Ca’ Edimar, via Due Palazzi, 43

BENVENUTO A CASA

di Massimo Camisasca, San Paolo Edizioni 2013, p. 100.

 

Interviene don Vincent Nagle della Fraternità Sacerdotale san Carlo Borromeo (nella foto)

Coordina Francesca Trevisi, giornalista

Incontro organizzato da Associazione Edimar e Associazione Famiglie per l’Accoglienza Veneto.

In questo agile volume Massimo Camisasca parla per la prima volta direttamente alle famiglie che accolgono ragazzi in affido. Il libro contiene anche alcuni estratti di lettere scambiate con queste famiglie e costituisce, più in generale, una riflessione sul tema dell’accoglienza. “Nel nostro tempo in cui tanto si dibatte attorno alla convivenza fra uomini e donne di diverse culture, etnie, lingue e religioni, queste pagine vogliono offrire un itinerario semplice di accoglienza dell’altro. Qualunque persona è altro da me, ed è un segno del mistero che mi chiama, un segno di Dio nella mia vita.”

Non sono storie facili quelle che emergono dal libro di monsignor Camisasca: l’adozione e l’affido sono doni straordinari che però sono chiamati a misurarsi con la realtà della vita, cioè stanchezze, gelosie, delusioni, litigi, accanto a  tenerezza, gratitudine, affetto, dedizione. Camisasca non vuole affatto nascondere queste difficoltà: lascia esprimere alle stesse famiglie le proprie fatiche. Ma vi sono anche delle gioie straordinarie riservate a chi sa donarsi completamente, attraverso una «generazione» che non sia meramente materiale ma anche spirituale e affettiva.

Partendo da queste storie, coinvolgenti ed espressive, l’autore svolge una riflessione ad ampio raggio. E mette in luce quelli che dovrebbero essere gli atteggiamenti giusti per costruire «la casa sulla roccia». Primo fra tutti la pazienza: «Il nostro essere assieme sia pieno di pazienza. Qualcosa si deve spezzare in me per lasciare posto all’altro. La parola pazienza porta dentro di sé l’esperienza della sofferenza: pathos. La pazienza è fatta di sangue e di luce insieme. Permette di scoprire degli aspetti dell’altro che non conoscevamo».

Massimo Camisasca, ordinato prete nel 1975, ha fondato la «Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo», di cui è stato per anni superiore generale. Il 29 settembre 2012 è stato nominato dal Santo Padre vescovo di Reggio Emilia - Guastalla. Presso le Edizioni San Paolo ha pubblicato, tra gli altri, La sfida della paternità. Riflessioni sul sacerdozio (2003), Questa mia casa che Dio abita. Riflessioni sulla vita comune (2004), Passione per l’uomo. I passi della missione cristiana (2005), Sentieri d’Asia illuminati. Lettere ai missionari (2006), Il nuovo Occidente. Lettere ai missionari (2008) Don Giussani (2009), Padre. Ci saranno ancora sacerdoti nel futuro della Chiesa? (2010).

Vincent Nagle è nato a San Francisco, California, USA. Dopo la laurea in sociologia e materie classiche alla Università di San Francisco, ha lavorato in Marocco come insegnante di inglese per il Ministero dell’Educazione del Marocco e in Arabia Saudita, per poi conseguire un master in teologia a Berkeley, California. Vincent è poi entrato in seminario a Roma ed è stato ordinato prete nel 1992. Ha preso una laurea in islamica nel 1994 e ha passato il decennio successivo negli Stati Uniti come cappellano in un ospedale del New England. Dal 2006 al settembre 2012 è stato in missione in Terra Santa. Oggi è a Roma.

L’Associazione Famiglie per l’Accoglienza è una rete di famiglie diffuse sul territorio nazionale e in diversi Paesi del mondo, che si sostengono nell’esperienza dell’accoglienza familiare e la promuovono come bene per la persona e per la società intera. La storia dell’associazione in Veneto ha più di venticinque anni. Dall’incontro iniziale con un gruppo di famiglie affidatarie e adottive di Milano, “Famiglie per l’Accoglienza” è diventata nel tempo un punto di riferimento e di aggregazione per molte famiglie anche del Veneto.

Ca’ Edimar è un “villaggio” alla periferia di Padova dedicato al sostegno di giovani in difficoltà e delle loro famiglie. È un luogo dove sono attive due case di accoglienza per minori e una scuola di cucina e di panificazione. L’attività Edimar è presente a Padova dal 1997. In particolare l’Associazione di volontariato Edimar promuove la rete di famiglie coinvolti in percorsi di accoglienza e di affido collegati con l’esperienza di Ca’ Edimar.